Il dopo Totò Riina, la caccia a Matteo Messina Denaro, gli affari e la strategia della sommersione. La mafia ai raggi X, la mafia di oggi tiene conto di tutto questo nelle relazioni che i vertici giudiziari hanno presentato all’inaugurazione dell’anno giudiziario.
E’ una cosa nostra che è in continua evoluzione, in continuo mutamento e riorganizzazione, soprattutto dopo la morte di Totò Riina, l’ultimo capo della mafia siciliana.
La mafia negli ultimi 25 anni ha abbandonato la strada della violenza per puntare al consenso. Un processo di riorganizzazione che si è accelerato soprattutto dopo la morte di Totò Riina e gli arresti degli ultimi mesi di mafiosi e fiancheggiatori hanno tentato di ricostituire la “cupola”. Delle nuove strategie di cosa nostra hanno parlato Matteo Frasca, presidente della Corte d’appello di Palermo, il procuratore generale Roberto Scarpinato, e il Procuratore Francesco Lo Voi nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
L'abbandono di quella feroce violenza che ha provocato la dura risposta dello Stato è ora il metodo condiviso nella fase della riorganizzazione di Cosa nostra che da un lato cerca di mantenere il controllo di tutte le attività più lucrose con un processo, secondo Scarpinato, di "lento e sotterraneo mutamento del metodo di rapportarsi con la società civile". Una riorganizzazione che non vede più contrapposti gruppi “vincenti” e gruppi “perdenti” delle vecchie guerre di mafia. Ma un fronte comune per contrastare l’azione dello stato che ha fatto terra bruciata in questi anni togliendo risorse all’organizzazione criminale.
Più la mafia si fa imprenditoriale più le forze dell’ordine aggrediscono i patrimoni e le risorse criminali. Migliaia di aziende e beni sono finiti sequestrati e confiscati, azioni che hanno tolto il terreno sotto ai piedi delle organizzazioni criminali.
Eppure poteva succedere. Poteva succedere e c’era la preoccupazione, dopo la morte di Totò Riina, di un nuova guerra di mafia per prendere il potere.
"Sebbene dalle indagini, in quel momento in corso, non emergessero specifici segnali di pericolo, da parte di alcuni si era temuto il verificarsi di gravi fatti di sangue - scrive nella sua relazione il Presidente della Corte d'Appello Frasca- tenuto conto del tempo trascorso, della costante 'pressione' esercitata dalla notevole attività cautelare da parte dell’Ufficio, nonché dell’esito delle più recenti indagini, si può ragionevolmente escludere non solo l’insorgere di una guerra di mafia, ma anche di episodici e numericamente limitati omicidi di 'assestamento'".
Quindi secondo Frasca "la morte di Riina ha contribuito ad accelerare i processi non conflittuali di riorganizzazione dei vertici dell’organizzazione e delle altre strutture decisionali intermandamentali, che probabilmente, anche se con tempi più dilatati, si sarebbero in ogni caso verificati, perché conformi alle esigenze strategiche della stessa. Quanto detto si traeva già dalla percezione dello stato di attesa della morte del Riina, quasi di impazienza, diffusa in una certa frangia di 'cosa nostra', per svolgere la suindicata attività di riorganizzazione, con la precisazione che tale frangia deve essere individuata all’interno degli stessi 'corleonesi' [anche se non dei fedelissimi], e non solo dei 'perdenti'[come sarebbe stato naturale]". In questo quadro di rinnovamento, secondo Frasca, si può "ragionevolmente escludere un'influenza del noto latitante Matteo Messina Denaro nelle dinamiche dei mandamenti parlamentari".
La mafia che abbandona ogni traccia di violenza, e punta sulla condivisione della gestione di traffici tradizionali (pizzo in primo luogo, ma anche droga e scommesse), sul controllo del sistema degli appalti, collegamenti con le attività professionali. Questo nuovo orizzonte criminale è stato organizzato senza la decisiva influenza del superlatitante Matteo Messina Denaro che resta legato a una visione "dinastica" del potere mafioso. Tanto è vero che i suoi più stretti collaboratori vengono dalla sua cerchia familiare. Collaboratori che nel corso degli anni sono finiti in carcere.
L’ultimo super latitante "Matteo Messina Denaro sarà arrestato presto". Lo ha annunciato il numero uno della Dia, il generale Giuseppe Governale, precisando che il latitante "non ha alcuna valenza operativa all'interno di Cosa Nostra ed è il reggente della mafia trapanese". Per la cattura di Messina Denaro "lavora giorno e notte una task force di poliziotti e carabinieri", ha aggiunto. Matteo Messina Denaro ha preferito vivere nell’ombra, ha lasciato da parte le stragi eccellenti, scegliendo la cosiddetta strategia dell’inabissamento, prediligedo “l‘infiltrazione silenziosa negli enti territoriali e nella realtà economica locale ove investire il capitale mafioso”. Ha evidenziato, inoltre, il pg della Cassazione, Riccardo Fuzio, nella relazione scritta per l’apertura dell’Anno giudiziario in Cassazione.