L'ex boss Giovanni Brusca ha deposto al processo sul depistaggio delle indagini della strage di Via D'Amelio, del Luglio del 1992. Brusca ha parlato del falso pentito Vincenzo Scarantino.
"Questo ragazzo non sa nulla" è la voce che girava già all'interno di Cosa nostra quando Scarantino venne indicato come la gola profonda che stava raccontando i retroscena della strage in cui è morto Paolo Borsellino.
Brusca non partecipò a quella strage (ha invece ucciso Giovanni Falcone) ma ricorda, dice, che il capo dei capi, Totò Riina, discuteva di un "papello", un foglietto con le sue richieste per fermare le stragi che stavano insaguinando la Sicilia e l'Italia.
Brusca, oggi collaboratore di giustizia, racconta anche un giorno che gli ha cambiato la vita: quando ha incontrato Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo, da poco scomparsa, e per tanti in prima fila nel movimento antimafia.
"Lì ho capito che avevo venduto la mia anima a Cosa nostra per nulla" racconta. E infine: "Chiedo perdono a tutte le vittime della mafia".
Brusca è stato un membro di rilievo di Cosa nostra e attuale collaboratore di giustizia, condannato per oltre un centinaio di omicidi, tra cui quello tristemente celebre del piccolo Giuseppe Di Matteo (figlio del pentito Santino Di Matteo) strangolato e sciolto nell'acido e l'omicidio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti di scorta, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Brusca ricoprì un ruolo fondamentale nella strage di Capaci in quanto fu l'uomo che spinse il tasto del radiocomando a distanza che fece esplodere il tritolo piazzato in un canale di scolo sotto l'autostrada.
Qui l'udienza.