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14/02/2019 06:00:00

Strage di Pizzolungo, al via il quarto processo. Imputato è il boss Vincenzo Galatolo

Non sono bastati tre processi a fare piena luce sulla strage di Pizzolungo. E’ iniziato martedì, a Caltanissetta, il "Pizzolungo quater", per la strage che il 2 aprile 1985 aveva l’obiettivo di uccidere il giudice Carlo Palermo e causò la morte di Barbara Rizzo Asta, di 33 anni, e dei suoi gemellini di 6 anni, Salvatore e Giuseppe Asta.

Le accuse a Galatolo - Una strage quella di Pizzolungo, che secondo le dichiarazioni del pentito Santino Di Matteo venne decisa, in una riunione di mafia a Castelvetrano, alla presenza dei capi assoluti di Cosa nostra trapanese, Ciccio e Matteo Messina Denaro, padre e figlio.
La Procura di Caltanissetta ha chiesto al gip il rinvio a giudizio del boss mafioso palermitano del rione Acquasanta, Vincenzo Galatolo. Ad accusare Galatolo sono la figlia “ribelle” Giovanna Galatolo e il pentito Francesco Onorato. «Non appena il telegiornale diede la notizia mia madre iniziò a urlare, i bambini non si toccano. Mio padre le saltò addosso, cominciò a picchiarla, voleva dare fuoco alla casa». «Avevo vent'anni - il racconto di Giovanna, che oggi collabora con la giustizia - a casa sentivo mio padre che diceva: “quel giudice è un cornuto”. Poi, si verificò l'attentato. E mi resi conto, anche mia madre capì. Non si dava pace”».

La strage - E’ la mattina del 2 aprile 1985. Il giudice Carlo Palermo è a Trapani da 40 giorni. Prende il posto di Gian Giacomo Ciaccio Montalto, un magistrato coraggioso, ucciso da Cosa nostra due anni prima. Dalla villetta presa in affitto a Bonagia, il giudice Palermo e la sua scorta, ogni mattina percorrono la strada di Pizzolungo per andare a Trapani. E’ l’unica, la più veloce. Cosa nostra sa delle abitudini di Palermo, di quel tragitto fatto ogni giorno. Per eliminarlo, perché Palermo indaga sulla mafia, e negli anni 80 chi indagava sulla mafia veniva ammazzato, Cosa nostra pensa di piazzare un’autobomba sul ciglio della strada di Pizzolungo. Quella mattina del 2 aprile di 30 anni fa Palermo è sulla sua auto, con l’autista Rosario Maggio. Hanno fretta, davanti a loro c’è un’altra auto con a bordo Barbara Rizzo e i suoi gemelli, Giuseppe e Salvatore Asta di 6 anni, li sta portando a scuola. Procede a velocità moderata, l’auto con il giudice Palermo la sorpassa, anche se nel bordo della strada c’è un’auto parcheggiata. E’ l’auto imbottita di esplosivo messa lì dai sicari per il giudice. Nello stesso istante sono allineate le tre auto, quella con a bordo Barbara Rizzo e i suoi figli si trova in mezzo. L’esplosione è violentissima. Ci sono rottami ovunque. Muoiono disintegrati la donna e i suoi due figli piccoli. Carlo Palermo viene sbalzato fuori dall’auto, ma è miracolosamente vivo.

Le ombre oltre la mafia - La mafia voleva uccidere il sostituto procuratore Carlo Palermo. Un magistrato scomodo, che indagava negli affari della droga di Cosa nostra e lo aveva già iniziato a fare a Trento. I boss lo avevano avvertito subito. Carlo Palermo a Trapani da appena 40 giorni aveva già avviato indagini sulle connessioni tra mafia e colletti bianchi, Cosa Nostra e imprenditori e stava indagando sui rapporti tra mafia, impresa e massoneria. Il movente fino adesso è stato ricondotto alla strategia mafiosa di quegli anni, di colpire gli investigatori ed i magistrati che lottavano contro i clan. Oggi rimangono tante ombre sul ruolo di poteri occulti, massoneria e servizi deviati dello Stato su quella strage, come su tante altre tra quelle ritenute mafiose e tra l’altro, queste ombre sono presenti nel libro che ha scritto lo stesso Carlo Palermo.

Stesso esplosivo per altre stragi - Ritornando ai nuovi spunti d’indagine,  ci sono come anticipato, anche le dichiarazioni di Onorato che collocano la strage di Pizzolungo dentro una possibile "trattativa". Fatto che collegherebbe quella strage ad altre, visto che l’esplosivo usato è lo stesso di quella del dicembre 1984, l'attentato al treno rapido 904 (per il quale è stato condannato il cassiere della mafia siciliana Pippo Calò), il tentativo di attentato all'Addaura contro Falcone nel 1989, e in via D'Amelio il 19 luglio 1992.

Processi e condanne - Dei tre processi per la strage di Pizzolungo, bisogna ricordare che, il primo si è svolto contro gli esecutori, tutti appartenenti al clan mafioso di Alcamo, poi assolti in via definitiva dalla Cassazione, dopo una prima condanna in primo grado. E gli altri due processi hanno visto condannati in via definitiva i capi mafia Totò Riina e Vincenzo Virga e in un altro ancora i boss palermitani Nino Madonia e Balduccio di Maggio.

Le parti civili - All’udienza d’apertura del “processo quater” che vede imputato Vincenzo Galatolo, erano presenti il sindaco di Erice Daniela Toscano, ed il vice sindaco, Gian Rosario Simonte, per la costituzione di parte civile del Comune.  Nel corso dell’udienza oltre quella del Comune di Erice, si sono costituiti parte civile i Comuni di Trapani, Valderice, dell’associazione Libera, nomi e numeri contro le mafie, dell’associazione Antiracket, di Margherita Asta e di Carlo Palermo. La prossima udienza è stata aggiornata al prossimo 12 marzo 2019.