Autonomia differenziata, la chiamano così i rappresentanti del governo giallo-verde. Si tratta della firma che il 15 febbraio verrà apposta per avviare il percorso di autonomia del Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Pronti i presidenti delle Regioni interessate a sottoscrivere l’intesa, è la prima volta che la proposta diventa realtà, percorso che inizia con un referendum a cui i cittadini di quelle regioni hanno risposto quasi con un plebiscito.
Il garante di questo modo di intendere, o di dividere l’Italia, è Giuseppe Conte, presidente del Consiglio dei Ministri, secondo cui non verrà intaccato il principio di sussidiarietà.
E’ l’inizio della secessione, altre regioni hanno già chiesto lo stesso iter: Piemonte, Liguria, Toscana Umbria e Marche. Il Paese si spaccherà in due, la parte più produttiva si sgancia da quella parte d’Italia a cui non sono stati mai dati tutti gli strumenti di sviluppo economico per correre alla pari.
Oggi il Partito Democratico protesta contro le assunzioni del governo giallo verde, i dem purtroppo hanno memoria corta, gli italiani no. L’accordo che prevedeva il processo di autonomia di talune regioni è stato avviato proprio quando al governo c’era il Pd, con Paolo Gentiloni presidente del Consiglio. La prima dichiarazione di intenti, infatti, è stata firmata tra Gentiloni e il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, nell’ottobre del 2017. E fu proprio questa regione a decidere di avvalersi dell’articolo 116 della Costituzione, che al suo comma terzo consente alle regioni a statuto ordinario l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia attraverso una legge dello Stato approvata a maggioranza assoluta.
Oggi il Pd protesta contro se stesso, contro quei processi che sono stati avviati sotto la sua guida, se l’autonomia legislativa e amministrativa prenderà il via può dirsi che è anche merito, o demerito, di quella classe che ha governato il Paese.
Si firmerà l’intesa ma ancora non si conosce nulla di quello che c’è scritto, si evidenzia però che molte risorse saranno direttamente gestite dalle regioni autonome, l’equazione sarà semplice da realizzarsi: più soldi più servizi. Un Paese che avrà due velocità e che non potrà più recuperare il gap, non c’è ad oggi un vero piano di sviluppo per il meridione.
Non teme nulla il governo regionale, da Nello Musumeci a Gaetano Armao la voce è unanime: applicare l’autonomia per un regionalismo differenziato previsto dalla legge che non porterà alcun danno alla Sicilia, nell’ottica di fitto dialogo che l’esecutivo di Musumeci intreccia con il governo nazionale per meglio organizzare le risorse finanziarie.
La linea che segue Armao è quella della richiesta al governo centrale di poter trattenere ingenti somme così da consentire all’isola di essere ancora più autonoma.
Rossana Titone