Il controllo della mafia sui terreni dei parchi in Sicilia, facendo incetta di contributi comunitari per la gestione: è quello che emerge da un'operazione della Guardia di Finanza di Caltanissetta, che ieri ha arrestato 12 persone. I prestanome dei clan hanno ottenuto 430.000 euro di contributi senza che su quei terreni, alcuni di proprietà demaniale, si svolgesse alcuna attività agricola. I soldi poi venivano restituiti ai vertici dei mandamenti mafiosi delle famiglie della Madonie e dei Nebrodi, grazie alla complicità di alcuni professionisti, e alla debolezza dei contributi amministrativi della Regione Siciliana.
L’inchiesta riguarda la gestione con l’utilizzo di metodi mafiosi dalla famiglia Di Dio (5 arrestati) originaria di Capizzi (Me), ma abitanti nella provincia di Enna. Ai Di Dio e’ stato contestato il concorso esterno in associazione mafiosa con riferimento ai rapporti con numerosi esponenti di famiglia mafiose tra cui in particolare quella dei fratelli Virga, del mandamento di San Mauro Castelverde.
Il modus operandi utilizzato – dicono gli investigatori – rispondeva ad un ben preciso canovaccio: “gli indagati utilizzavano aziende agricole intestate a loro o a loro congiunti al fine di concludere contratti fittizi di compravendita o di locazione di terreni, in realta’, direttamente riconducibili a soggetti mafiosi, consentendo mediante detto meccanismo di interposizione fittizia di dissimulare l’effettiva disponibilita’ dei cespiti in capo ai coindagati al fine di sottrarli alla possibile emissione di provvedimenti di sequestro o a misure di prevenzione patrimoniali”.
Gli indagati – dice l’accusa – utilizzavano i terreni cosi’ ottenuti e le aziende a loro facenti capo al fine di presentare domande finalizzate all’ottenimento di contributi comunitari di sostegno all’agricoltura, utilizzando all’uopo anche terreni di proprieta’ demaniale e versando parte dei corrispettivi ottenuti ai componenti del sodalizio mafioso. In alcuni casi i terreni demaniali venivano sfruttati dagli indagati e rivenduti, pur senza alcun titolo (trattandosi di beni di proprieta’ dello Stato), all’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) – a sua volta un ente pubblico – attraverso l’utilizzo di atti falsi che hanno consentito l’illecita riscossione di ingenti somme di denaro. Una parte di tali beni, sottratti fraudolentemente allo Stato, sono poi stati ricomprati da altri membri della famiglia Di Dio che hanno continuato a sfruttarli fino ad oggi risultando, agli atti di registro, quali legittimi proprietari di beni che, in realta’, rientrano nel patrimonio dello Stato. Nell’operazione e’ stato disposto il sequestro di 900 ettari di terreni, fabbricati, beni, 9 aziende agricole per un valore complessivo di circa 6,5 milioni di euro ed e’ stato effettuato il sequestro per equivalente su disponibilità’ finanziarie degli indagati per un totale di circa 430 mila euro.
In carcere: Antonio Di Dio, 32 anni; Domenico Di Dio, 60 anni; Giovanni Giacomo Di Dio, 25 anni; Giacomo Di Dio, 35 anni; Giuseppe Sivillo Fascetto, 41 anni; Caterina Primo, 61 anni; Ai domiciliari: Salvatore Dongarra’, 57 anni; Carmela Salermo, 48 anni; Rodolfo Virga, 58 anni; Ettore Virga, 26 anni; Domenico Virga, 56 anni.
Uno dei principali notai del Calatino, Giuseppe Dottore, è stato interdetto per 4 mesi dal Gip del tribunale di Caltanissetta, all'interno del provvedimento che scaturisce dall'indagine sul sistema di gestione di enormi appezzamenti agricoli all'ombra della mafia. Il notaio è accusato di falso, per aver consentito a soggetti ritenuti legati alla malavita, di acquisire oltre 600 ettari di terreno demaniale, attraverso una donazione conseguente a un usucapione che non era possibile, proprio perché si trattava di terreni pubblici. E grazie a quei terreni, alcuni soggetti hanno conseguito i contributi pubblici.
I beneficiari dei rogiti del notaio Dottore sono i fratelli Di Dio, ai quali viene contestata l'associazione mafiosa per avere ottenuto “un significativo incremento del potere di infiltrazione in attività economiche lecite collegate allo sfruttamento di vaste aree agricole collocate nei territori del Parco delle Madonie, di Capizzi, e della provincia di Enna, per l’ottenimento di contributi comunitari i quali venivano poi, in parte, versati ad elementi apicali del suddetto sodalizio mafioso, fornendo in tal modo un indispensabile apporto, anche economico, al mantenimento ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa”.
LA DIFESA. «Il notaio Giuseppe Dottore non risulta coinvolto in alcuna relazione con quegli ambienti criminali diffusamente descritti nell’importante indagine della Procura di Caltanissetta». Lo afferma l’avvocato Antonio Fiumefreddo, legale del notaio interdetto dall’esercizio dell’attività professionale dal Gip di Caltanissetta, nell’ambito dell’inchiesta "Terre emerse" della Procura Nissena.
«Per ciò che attiene alla specifica contestazione mossa al notaio - aggiunge il penalista - questi offrirà all’Autorità giudiziaria tutte le spiegazioni, anche documentali, necessarie affinché possa accertarsi la correttezza della sua condotta quale pubblico ufficiale e la consapevolezza di avere agito in assoluta buonafede».