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07/06/2019 07:17:00

La mafia a Carini: vecchi nomi, soliti affari e identico silenzio delle vittime

 Vecchi nomi, soliti affari, e identico silenzio delle vittime, omertose. E' il quadro dell'operazione antimafia che ieri ha fatto luce sulla cosca di Carini, vicino Palermo. 

“Non abbiamo avuto nessuna collaborazione dalle vittime – dice Rodolfo Ruperti capo della squadra mobile a Palermo – Solo grazie all’attività investigativa e alle intercettazioni siamo riusciti a ricostruire le estorsioni in paese e nel comprensorio”.

I cellulari intercettati e le cimici piazzate nelle auto hanno permesso di ricostruire decine di richieste di estorsioni da poche migliaia di euro fino a centinaia di migliaia di euro nei confronti di catene di negozi di abbigliamento e aziende edili che stavano costruendo a Carini, Capaci e Isola delle Femmine.

Antonino Di Maggio, il fornaio, il nuovo capo di Carini, poteva contare su un braccio destro. Un factotum riconosciuto anche dai boss di Palermo.

Era Vincenzo Passafiume l’unico che poteva entrare e uscire da casa di zio Nino o nel panificio della figlia “Il forno delle Bontà, dove il boss trascorreva parte della giornata. Passafiume di 58 anni, con accuse di furto, ricettazione, porto d’armi, rapina estorsione, sequestro di persona, truffa e associazione mafiosa era anche l’autista del capomafia. Era lui che gestiva tutti gli affari.

Con lui a imporre il pizzo Salvatore Amato anche lui finito in carcere nell’operazione scattata la scorsa notte a Carini alle porte di Palermo. Non c’era attività commerciale, attività edilizia che la famiglia non controllava per imporre il pizzo. Se non si piegavano scattavano le minacce e le intimidazioni. 

Passafiume e Amato, si occupavano anche di altri affari, come la compravendita di un terreno di Villagrazia di Carini, un’area dal valore di circa seicento mila euro il quale ricavato sarebbe finito proprio nelle casse del clan. L’attività della cosca era impegnata anche nel traffico di droga.