I pochi testimoni disposti a parlare per cercare di individuare scafisti e possibilmente anche organizzatori della tratta di esseri umani tra il nord Africa e la Sicilia ormai non sono più sul suolo italico.
E quindi non potranno testimoniare davanti ai giudici. In applicazione, infatti, di leggi e direttive sul contrasto all’immigrazione, probabilmente quelle degli ultimi tempi, sono stati rimpatriati anche i quattro migranti che dopo lo sbarco avevano deciso di parlare, fornendo dettagli sulla traversata, utili anche ad individuare scafisti o coloro che sulla costa tunisina hanno incassato il prezzo del “biglietto” per la traversata del Canale di Sicilia.
E’ emerso, in Tribunale, a Marsala, nel corso del processo al tunisino Salah Eddine Knissi, accusato di essere lo scafista dell’imbarcazione che approdò, con un gruppo di migranti, sulla costa siciliana l’1 ottobre 2018.
E per il rimpatrio anche di coloro che avrebbero potuto contribuire a fornire particolari fondamentali, o comunque molto utili, per il processo non ha nascosto il suo stupore il presidente del collegio giudicante, il giudice Vito Marcello Saladino. A confermare il rimpatrio dei quattro è stato un investigatore ascoltato nell’aula “Borsellino”, al quale magistrati e avvocato difensore (Luisa Calamia) hanno chiesto lumi sulle “interviste” fatte a quattro migranti. “Non tutti – ha spiegato l’investigatore – dopo lo sbarco intendono parlare. Quando qualcuno decide di collaborare, noi mettiamo nero su bianco tutte le informazioni utili a identificare chi conduce le imbarcazioni e chi prende i soldi al momento della partenza”. Ciò nonostante, però, non sarà possibile interrogarli perché anche loro sono stati ricacciati indietro.