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22/09/2019 14:00:00

Processo Borsellino quater, chiesta la conferma delle condanne

Al processo Borselli Quater è stata chiesta la conferma della sentenza di primo grado per tutti i cinque imputati, del processo sulla strage di via d'Amelio,  che si celebra in Corte d'Assise d'Appello a Caltanissetta.

Così come avevano fatto nel corso della loro requisitoria Lia Sava e Antonino Patti, anche i Pg Carlo Lenzi e Lucia Brescia, hanno chiesto la conferma dell'ergastolo per i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino, già condannati all'ergastolo per strage e per i falsi collaboratori Calogero Pulci e Francesco Andriotta, condannati alla pena di dieci anni ciascuno per calunnia. Reato prescritto invece per Vincenzo Scarantino, perché sarebbe stato «indotto a mentire».

I due sostituti procuratori Lenzi e Brescia, nella loro requisitoria, sono entrati nei dettagli, soffermandosi sui vari ruoli ricoperti dai cinque imputati. La sentenza di morte per Paolo Borsellino sarebbe stata emessa da Totò Riina, nel corso della riunione per gli auguri di Natale, svoltasi nel dicembre del 91. Nessuno dei capi mandamento si oppose. Avallarono quella decisione. «Gli italiani - ha detto il Pg Lenzi - dovevano capire con chi avevano a che fare». Soffermandosi poi sul ruolo dei falsi collaboratori, il Pg ha affermato che «Francesco Andriotta e Calogero Pulci hanno reso gravissime dichiarazioni mendaci da cui sono discese pesantissime condanne. Andriotta ha ammesso di non sapere nulla e di aver barattato la sua libertà con quella degli altri».

Il ruolo di Andriotta sarebbe stato quello di convincere Scarantino a collaborare. A soffermarsi invece sul ruolo ricoperto dall'ex picciotto della Guadagna, è stato il sostituto procuratore generale Lucia Brescia. «Scarantino - ha sottolineato il Pg - trasferito presso la casa circondariale di Pianosa, ebbe una serie di colloqui investigativi: rispettivamente il 20 dicembre 1993 con Mario Bo (funzionario di polizia), il 22 dicembre 1993 con Arnaldo La Barbera, il 2 febbraio 1994 nuovamente con Mario Bo e il 24 giugno dello stesso anno ancora con Araldo La Barbera. In quest'ultima data Scarantino (il quale fino all'interrogatorio reso il 28 febbraio 1994 alla dottoressa Boccassini aveva protestato la propria innocenza) iniziò la propria collaborazione con l'autorità giudiziaria, confermando il falso contenuto delle dichiarazioni precedentemente rese da Candura e da Andriotta ed aggiungendo ulteriori tasselli al mosaico».