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24/09/2019 06:00:00

Strage di Pizzolungo: a 34 anni di distanza, quattro processi e un nuovo mandante

A 34 anni dalla Strage di Pizzolungo e a sette mesi dall'inizio del Processo Quater, al termine della requisitoria, il Procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci ha richiesto la pena a trenta anni di carcere per il boss mafioso Vincenzo Galatolo.

Il boss della famiglia dell’Acquasanta di Palermo, è accusato di essere tra i mandanti della strage di Pizzolungo ad Erice, avvenuta il 2 aprile 1985, nella quale rimasero uccisi Barbara Rizzo di 33 anni e i suoi gemellini di 6 anni, Salvatore e Giuseppe Asta. Quel giorno la vittima prescelta era il giudice Carlo Palermo ma moririno la donna e i suoi figli che passavamo di lì con la loro auto mentre andavano a scuola. 

Le accuse a Galatolo - La Strage di Pizzolungo, secondo le dichiarazioni del pentito Santino Di Matteo venne decisa, in una riunione di mafia a Castelvetrano, alla presenza dei capi assoluti di Cosa nostra trapanese, Ciccio e Matteo Messina Denaro, padre e figlio.
Ad accusare Galatolo, la figlia “ribelle” Giovanna Galatolo e il pentito Francesco Onorato. «Non appena il telegiornale diede la notizia mia madre iniziò a urlare, i bambini non si toccano. Mio padre le saltò addosso, cominciò a picchiarla, voleva dare fuoco alla casa». «Avevo vent'anni - il racconto di Giovanna, che oggi collabora con la giustizia - a casa sentivo mio padre che diceva: “quel giudice è un cornuto”. Poi, si verificò l'attentato. E mi resi conto, anche mia madre capì. Non si dava pace”».

La strage - La mattina del 2 aprile 1985 il giudice Carlo Palermo è a Trapani da 40 giorni. Prende il posto di Gian Giacomo Ciaccio Montalto, il magistrato coraggioso, ucciso da Cosa nostra due anni prima. Dalla villetta presa in affitto a Bonagia, il giudice Palermo e la sua scorta, ogni mattina percorrono la strada di Pizzolungo per andare a Trapani. E’ l’unica, la più veloce. Cosa nostra sa delle abitudini di Palermo, di quel tragitto fatto ogni giorno. Per eliminarlo, perché Palermo indaga sulla mafia, e negli anni 80 chi indagava sulla mafia veniva ammazzato, Cosa nostra pensa di piazzare un’autobomba sul ciglio della strada di Pizzolungo. Quella mattina del 2 aprile di 30 anni fa Palermo è sulla sua auto, con l’autista Rosario Maggio. Hanno fretta, davanti a loro c’è un’altra auto con a bordo Barbara Rizzo e i suoi gemelli, Giuseppe e Salvatore Asta di 6 anni, li sta portando a scuola. Procede a velocità moderata, l’auto con il giudice Palermo la sorpassa, anche se nel bordo della strada c’è un’auto parcheggiata. E’ l’auto imbottita di esplosivo messa lì dai sicari per il giudice. Nello stesso istante sono allineate le tre auto, quella con a bordo Barbara Rizzo e i suoi figli si trova in mezzo. L’esplosione è violentissima. Ci sono rottami ovunque. Muoiono disintegrati la donna e i suoi due figli piccoli. Carlo Palermo viene sbalzato fuori dall’auto, ma è miracolosamente vivo.

Altre ombre sulla strage - La mafia voleva uccidere il sostituto procuratore Carlo Palermo. Un magistrato scomodo, che indagava negli affari della droga di Cosa nostra e lo aveva già iniziato a fare a Trento. I boss lo avevano avvertito subito. Carlo Palermo a Trapani da appena 40 giorni aveva già avviato indagini sulle connessioni tra mafia e colletti bianchi, Cosa Nostra e imprenditori e stava indagando sui rapporti tra mafia, impresa e massoneria. Il movente fino adesso è stato ricondotto alla strategia mafiosa di quegli anni, di colpire gli investigatori ed i magistrati che lottavano contro i clan. Oggi rimangono tante ombre sul ruolo di poteri occulti, massoneria e servizi deviati dello Stato su quella strage, come su tante altre tra quelle ritenute mafiose e tra l’altro, queste ombre sono presenti nel libro che ha scritto lo stesso Carlo Palermo.

L'esplosivo usato per altre stragi - Ritornando ai nuovi spunti d’indagine, ci sono come anticipato, anche le dichiarazioni di Onorato che collocano la strage di Pizzolungo dentro una possibile "trattativa". Fatto che collegherebbe quella strage ad altre, visto che l’esplosivo usato è lo stesso di quella del dicembre 1984, l'attentato al treno rapido 904 (per il quale è stato condannato il cassiere della mafia siciliana Pippo Calò), il tentativo di attentato all'Addaura contro Falcone nel 1989, e in via D'Amelio il 19 luglio 1992.

I tre processi e le condanne - Dei tre processi per la strage di Pizzolungo, bisogna ricordare che, il primo si è svolto contro gli esecutori, tutti appartenenti al clan mafioso di Alcamo, poi assolti in via definitiva dalla Cassazione, dopo una prima condanna in primo grado. E gli altri due processi hanno visto condannati in via definitiva i capi mafia Totò Riina e Vincenzo Virga e in un altro ancora i boss palermitani Nino Madonia e Balduccio di Maggio.