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25/09/2019 09:26:00

Oggi il 40° anniversario della morte del giudice Cesare Terranova

Oggi ricorre il 40° anniversario della morte del giudice Cesare Terranova, ucciso a Palermo dalla mafia insieme al maresciallo Lenin Mancuso, suo collaboratore. Era il 25 settembre del 1979. Quella mattina, verso le 8.30, il magistrato entra in macchina nella sua Fiat 131. Seduto sul sedile accanto, c'è la sua guardia del corpo, il maresciallo Lenin Mancuso. Prendono la solita strada, quella secondaria per raggiungere il tribunale, ma la trovano chiusa a causa di alcuni lavori in corso.

Nello stesso momento l'auto viene affiancata dai killer, che sparano contro il magistrato con una carabina Winchester e delle pistole. Il magistrato tenta la retromarcia, nel frattempo il maresciallo con la sua Beretta di ordinanza risponde al fuoco. Cesare Terranova muore sul colpo. Negli anni Sessanta Terranova aveva istruito i principali processi di mafia. Poi era stato eletto al Parlamento come indipendente nelle liste del Pci e aveva fatto parte della Commissione antimafia. Ritornato a Palermo stava per ricoprire l'incarico di Consigliere istruttore.  Qualche anno prima, nel ’74, aveva inchiodato Luciano Liggio, la “Primula Rossa” di Corleone. Per l’omicidio del giudice Terranova e dI Mancuso, la corte d’assise di Reggio Calabria ha condannato all’ergastolo come mandanti i componenti della cupola di Cosa Nostra: Salvatore Riina, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Francesco Madonia, Pippo Calo’, Antonino Geraci, Michele Greco. 

Cesare Terranova nacque a Petralia Sottana, nella zona del Parco delle Madonie, vicino Palermo, il 15 agosto 1921. Entrò in magistratura nel 1946; era finita da poco la seconda guerra mondiale. Prima esercitò come pretore a Messina e poi a Rometta. Nel 1958 si dal tribunale di Patti a quello di Palermo. Già negli anni Sessanta, da giudice istruttore, si occupa di mafia. Sono molti i processi di mafia che si vanno accumulando sul suo tavolo. Dopo qualche anno Cesare Terranova diventa procuratore a Marsala e successivamente accetta l’offerta di candidarsi nelle elezioni nazionali come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano. 

Terranova intuì la pericolosità della nuova leva detta dei "viddani", che avevano sterminato Michele Navarra e i suoi fedelissimi, sostituendosi a loro. E non solo: Cesare Terranova comprese anche la trasformazione della mafia siciliana. Insomma fu il primo magistrato a mettere per iscritto nella sentenza istruttoria per la strage di viale Lazio, avvenuta il 10 dicembre 1969, che gli amministratori comunali di quel tempo rappresentavano il centro propulsore della nuova mafia.

Procuratore d'accusa anche nel processo di Bari contro Liggio, Totò Riina, Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella, nel 1969 Terranova venne sconfitto da una sentenza di assoluzione per quasi tutti gli imputati.

Nel 1972 venne eletto come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano alla Camera dei Deputati e qui rimase sino al 1979. Membro della Commissione Parlamentare Antimafia della VI legislatura, insieme a Pio La Torre, firmò la relazione critica di minoranza, dove venivano evidenziati i rapporti tra mafia, politica e imprenditoria. In particolare si trattava di esponenti di spicco della democrazia Cristiana, quali Giovanni Gioia, Vito Ciancimino e Salvo Lima. Quindi, chiusa l'esperienza parlamentare, Terranova decise di tornare in magistratura per essere nominato Consigliere presso la Corte di Appello di Palermo.

«Oggi ricordiamo il sacrificio del giudice Cesare Terranova, coraggioso servitore dello Stato andato incontro alla morte pur affermare i principi di giustizia e legalità. Terranova per primo intuì la metamorfosi di Cosa nostra che a cavallo degli anni Ottanta stava cambiando pelle, trasformandosi da fenomeno rurale a pervasiva presenza criminale nei gangli dell’imprenditoria e della politica. La sua azione giudiziaria contro i corleonesi emergenti e le sue indagini su mafia e Pubblica amministrazione apriranno la strada alle più recenti inchieste che hanno assicurato alla giustizia numerosi padrini e le loro reti di connivenza. Tenerne costantemente viva la memoria è un dovere per tutti».

Lo dichiara il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, in occasione del quarantesimo anniversario dell’uccisione del Capo dell’ufficio istruzione di Palermo e del suo agente di scorta, il maresciallo Lenin Mancuso. Alla cerimonia di commemorazione, a rappresentare il governo regionale sarà l'assessore al Territorio Toto Cordaro.