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26/09/2019 07:27:00

Sicilia: mafia ed estorsioni, blitz della polizia. Sgominata la "Stidda"

Un'operazione imponente. Più di 300 uomini delle forze dell'ordine impegnati. L'ausilio di due elicotteri e 15 unità cinofile.

Blitz della Polizia contro la 'stidda' di Gela: in carcere sono finiti capi, gregari e semplici affiliati della cosca dei Di Giacomo. Secondo gli investigatori, negli ultimi anni il clan avrebbe preso con la violenza e le estorsioni il controllo su buona parte del territorio, gestendo il traffico di droga, infiltrando l'economia legale con imprese di comodo e imponendo i prodotti delle proprie aziende ai commercianti.

Le indagini della Polizia hanno portato alla luce diverse spedizioni punitive compiute dagli 'stiddari' e consentito di ricostruire decine di estorsioni nei confronti di quei commercianti e quegli imprenditori che non volevano sottomettersi al volere del clan e che hanno trovato il coraggio di denunciare.

Cinquecento uomini armati erano pronti a scatenare una nuova guerra di mafia. E' quanto ha accertato la Polizia nell'ambito dell'indagine contro la Stidda di Gela che ha portato questa mattina a decine di arresti. Ascoltando centinaia di ore di intercettazioni, gli investigatori hanno accertato che la cosca aveva una potenzialità "militare" costituita, appunto, da 500 persone. "Cinquecento leoni", come si chiamavano tra di loro durante le telefonate intercettate, che erano pronti ad entrare in azione al primo cenno dei capi. I poliziotti hanno anche ripreso diverse spedizioni punitive alle quali gli stiddari si presentavano armati, danneggiamenti e incendi ai danni di chi si opponeva al potere del clan.

I dettagli dell'indagine che ha portato alla disarticolazione dell'organizzazione criminale saranno resi noti in una conferenza stampa in programma alle 11 in Procura a Caltanissetta, alla quale parteciperà anche il direttore della Direzione anticrimine centrale (Dac) della Polizia Francesco Messina, che comunque ha già parlato con Repubblica. Ecco un estratto dell'articolo:

 “Dal traffico di droga alle estorsioni – spiega Francesco Messina, al vertice della Direzione centrale anticrimine della polizia - i proventi venivano poi reinvestiti in aziende nel settore alimentare”. I boss imponevano i propri prodotti. Chi si ribellava, era vittima di incendi e danneggiamenti. “Ci siamo trovati di fronte a un’organizzazione paragonabile all’Ndrangheta – prosegue Messina – per capacità di penetrazione del territorio, ma anche per le attività svolte in Nord Italia”. In Lombardia e in Piemonte, alcuni mafiosi si erano trasformati in esperti manager del settore dell’intermediazione finanziaria. Le aziende decotte e le cessioni dei crediti erano diventati un altro lucroso business.

Eccola, dunque, l’altra mafia. Nelle intercettazioni i nuovi vecchi boss dicevano di avere a disposizione “500 leoni”, un esercito da scatenare. Ma Gela non è più quella di trent’anni fa, per fortuna, e oggi qualche commerciante ha trovato il coraggio di denunciare le estorsioni. La Sicilia cambia. E i boss 2.0 si sono adeguati. Meno violenza e più affari. Da Caltanissetta a Palermo è la stagione di nuovi investimenti nell’economia legale. Anche se i cognomi sembrano riportare a un passato lontano. Ma Totò Riina, il capo dei capi, il tiranno di Cosa nostra, è ormai morto e con lui la stagione dei mafiosi Corleonesi che avevano una sola legge: chi non è con noi, è contro di noi. Così, poco a poco, sono caduti tutti i veti, tutti gli editti, a Palermo sono tornati gli Inzerillo dall’America, a Caltanissetta sono tornati gli stiddari. E sono tornati con tanti soldi in tasca, quelli mai sequestrati. Quei soldi stanno riorganizzando la nuova mafia che vuole riprendersi la storia.


“Sono tornati, ma teniamo sotto controllo tutti i tentativi di riorganizzazione – dice Francesco Messina – a luglio, è stato colpito duramente il clan Inzerillo, in un’operazione fra Palermo e New York. Adesso, Gela”.