Una piccola cappella funeraria, grezza, semi abbandonata, con qualche irregolarità documentale, pericolosa, pronta per essere abbattuta nel cimitero dei Cappuccini. La notizia in sé è di routine, ma è il proprietario che fa notizia: Vito Ciancimino. Aveva acquistato un lotto negli anni Settanta, lui che era il mafioso-sindaco-re di Palermo. E ora la sua nemesi saranno i colpi di piccone che inevitabilmente arriveranno a eliminare, peraltro, quello che è anche ormai considerato un pericolo per la pubblica incolumità. Piccolo risarcimento-demolizione rispetto al «sacco» che Ciancimino autorizzò, sfregiando per sempre il capoluogo siciliano. Attenzione, in quella gentilizia diroccata non ci sono salme da spostare (la tomba a terra di Ciancimino è poco distante) e mai ha assolto alla sua funzione, proprio perché fu cominciata e mai completata.
La vicenda risale appunto al 1977. Il regolamento all'epoca prevedeva «la costruzione di loculi e relative coperture entro 6 mesi dalla data di concessione». Non se ne fece nulla, ma poi il 17 febbraio del 1978 la commissione edilizia aveva rilasciato la concessione. Passano gli anni e nel 2001 il Comune avvia un censimento di tutte le sepolture «in palese stato di incompletezza». Tra gli altri, c'era anche quello di Ciancimino. In cui si sono anche “rilevate - si legge in una relazione - delle irregolarità consistenti in occupazione di area maggiore e mancanza di documentazione necessaria e obbligatoria». Passano gli anni e nel 2004 la figlia di Ciancimino, Luciana, torna alla carica e chiede agli uffici la regolarizzazione della concessione».
A quel punto viene chiesto quale sia l'impresa che si occuperà dei lavori. Passano gli anni ed è tutto un tira e molla. Nel 2008 Luciana Ciancimino (il padre nel frattempo era morto da sei anni) indica la ditta di fiducia. Passano altri 8 anni e il 2016 è quello in cui viene chiesto alla famiglia di intervenire per eliminare il pericolo visto «che il manufatto è in stato di evidente degrado». Silenzio, anche questa volta, almeno così scrive nella determina il dirigente amministrativo del provvedimento. Fino a oggi. Si propone la decadenza della concessione. Tecnicamente ci sono 120 giorni di tempo perché gli interessati si possano rivolgersi al Tar per annullare il provvedimento. Decorso il termine, a quel punto, sarà necessario provvedere alla demolizione anche perché i proprietari delle cappelle gentilizie adiacenti hanno denunciato situazioni di pericolo. E così andrà già quell'abbozzo di tabernacolo che un tempo appartenne a Vito Ciancimino, il sindaco del «sacco di Palermo»