Passo falso di Nicolò Girgenti nel processo d’appello per l’omicidio del maresciallo Silvio Mirarchi. Condannato all’ergastolo in primo grado, infatti, il 48enne marsalese ha chiesto ai suoi legali (gli avvocati Quaranta e Pisciotta) di chiedere la testimonianza di un tale Giuseppe Barraco, attualmente detenuto, che alcuni giorni dopo l’omicidio del sottufficiale, sostiene Girgenti, gli avrebbe detto che un extracomunitario gli aveva proposto di acquistare marijuana e una pistola senza caricatore provenienti dalle serre davanti alle quali fu commesso il delitto (sette i colpi esplosi, nel buio, contro i due carabinieri).
In aula, però, Barraco ha clamorosamente smentito il racconto di Girgenti. La difesa ha, inoltre, chiesto e ottenuto di ascoltare anche un perito balistico (Ruffolo) sulle risultanze delle perizie svolte in primo grado sulle particelle (per gli investigatori, di polvere da sparo) trovate addosso a Girgenti e su alcuni suoi indumenti. Il perito ha affermato che queste tracce non sarebbero necessariamente di polvere da sparo. La difesa, infatti, prima con l’avvocato Vincenzo Forti e poi con Genny Pisciotta, ha sempre sostenuto che queste tracce sono riconducibili all’uso di concimi e fertilizzanti. Tesi che, però, non ha fatto breccia nei giudici di primo grado. Il 20 novembre, il procuratore generale invocherà, molto probabilmente, la conferma dell’ergastolo per Girgenti. Poi, interverranno i legali di parte civile per i familiari di Mirarchi, gli avvocati Giacomo Frazzitta, Piero Marino e Roberta Tranchida. Il maresciallo Silvio Mirarchi fu ferito a morte con un colpo di pistola la sera del 31 maggio 2016 nelle campagne di contrada Ventrischi, mentre con un altro carabiniere, l’appuntato Antonello Massimo Cammarata, era impegnato in un appostamento (volto a contrastare i furti di prodotti agricoli) nei pressi di una serra all’interno della quale furono, poi, scoperte 6 mila piante di canapa afgana.