Per un festival, qualsiasi festival, i numeri sono importanti. Ma pubblicare nuda e cruda la quantità numerica dei partecipanti ai primi tre weekend di “Le Vie dei Tesori” non restituirebbe la gioia dell’incontro e l’entusiasmo della scoperta che hanno legato insieme dieci città dell’isola, orgogliose di farsi scoprire e riscoprire dagli stessi siciliani.
Perché “Le Vie dei Tesori” prima che essere un format per chi viene da fuori, è un’occasione di avvicinamento e di appropriazione culturale per chi è di qui. “Scopri la bellezza che ti appartiene” è lo slogan dell’edizione di quest’anno che, certo, punzecchia come un sottile pungolo innanzitutto gli isolani sbadati e immemori del patrimonio artistico che li circonda.
Qualcosa, però, sembra davvero che stia cambiando. E ne abbiamo la riprova da più fattori. Cominciamo con quello mediatico o forse sarebbe meglio chiamarlo “social”: da tre settimane, Facebook e soprattutto Instagram sono stati sommersi dalle foto dei luoghi protagonisti delle “Vie dei Tesori”. Mentre scrolliamo la bacheca di Facebook o sfogliamo le stories di Instagram ci compare una torre bellissima, un affresco che non abbiamo mai visto, una veduta inedita su una città che sembra la nostra. Ma solo dopo qualche secondo ci accorgiamo che quella città è proprio la nostra e che quelle immagini che stiamo vedendo su uno schermo sono proprio accanto a noi. Allora usciamo dal virtuale ed entriamo nel reale: ed è lì che comincia l’incanto.
Che poi è un circolo virtuoso: chi ha visto sui social le foto degli altri, adesso vuole piazzare le sue. Come le tre ragazze, poco più che ventenni, che domenica alla Cripta della Madonna Orante di Marsala si ingegnavano per fare le loro foto dalla prospettiva migliore. È un modo nuovo per condividere ciò che ci rende felici di essere parte di una comunità. A pensarci, è uno dei pochi momenti in cui i social network ci spingono a ritrovarci, piuttosto che a isolarci.
Altro decisivo fattore è il gruppo di volontari che ha stupito gli ignari partecipanti, trasmettendo sentimento e professionalità. La forza delle guide è stata la loro trasversalità: studenti, insegnanti, archeologi, pensionati, cultori, e chi più ne ha ne metta. Un mosaico di volti appassionati e di buone intenzioni che ha accompagnato 80.000 persone nelle visite dei posti più impensati. Anche loro hanno fatto parte di quella “bellezza” da ri-scoprire.
Senza accorgercene siamo quindi arrivati ai numeri. Se consideriamo che sono state ben dieci le città coinvolte in questa prima parte delle “Vie dei Tesori”, gli 80.000 visitatori raggiunti non sono né pochi né molti. Il numero diventa ragguardevole, però, se viene letto non solo alla luce delle “Vie dei Tesori”, ma all’interno del contesto urbano. Se ognuno di quei visitatori, durante la sua passeggiata, è entrato in bar e ha comprato una bottiglietta d’acqua, ha portato nelle casse siciliane un indotto di almeno 80.000 euro.
Per quanto riguarda Trapani e Marsala, è necessaria una riflessione diversa. A Trapani hanno partecipato 16.506 persone, a Marsala 8.322. A Trapani “Le Vie dei Tesori” arrivano per il secondo anno, a Marsala per il primo. Se acquisiamo i numeri dell’affluenza come numeri interni alla città, se pensiamo cioè che i visitatori siano perlopiù i cittadini delle rispettive città (supposizione che non si allontana dalla realtà), potremmo sostenere che:
- a Trapani, città di circa 67.000 abitanti, un quarto della cittadinanza s’è rimposessata della bellezza che le apparteneva secondo il già citato claim.
- a Marsala, città di circa 80.000 abitanti, un cittadino su dieci ha cominciato a rimpossessarsi della bellezza gli appartiene.
Ma provare a raccontare i numeri è sempre un gioco di ipotesi e infingimenti. I veri effetti si vedranno il prossimo weekend, quando ci si sentirà orfani dell’iniziativa e si vorrà continuare a scoprire altri ed altri luoghi che ignoravamo.
Marco Marino