Quest’anno, alla mezzanotte del 31 dicembre, non ci capiterà soltanto di strappare dalla parete l’ultima pagina del calendario del 2019. L’impercettibile, eppure decisivo, passaggio da un anno all'altro stavolta ci introdurrà in un nuovo - e per definizione, imprevedibile - decennio: una prospettiva interminabile, si potrebbe pensare, per una società che comincia ad adattarsi al ritmo delle effimere, i piccoli insetti acquatici che sopravvivono appena un giorno. O meno poeticamente alla durata di una storia su Instagram, che inesorabile scompare dopo ventiquattro ore.
Allora, per attraversare insieme questa invisibile linea di confine, in direzione del 2020, abbiamo chiesto ad alcuni scrittori siciliani, che periodicamente avete letto sulle nostre pagine, di raccontarci quali parole portano con loro in questo viaggio: quale parola sintetizza il sentimento dei dieci anni che ci lasciamo alle spalle, quale raccoglie le speranze che animano i prossimi dieci, venti, cento?
Con questo sillabario vorremmo cominciare a muoverci dentro la complessa stagione che si sta aprendo davanti a tutti noi. Sicuri che non esiste un tempo indecifrabile, oscuro o tenebroso: per poterlo leggere, però, è sempre necessario avere delle parole che ci facciano da lumi.
di Massimo Jevolella
SOVRANISMO
Sovranismo è il nome che oggi, per pudore ipocrita o per cinica finzione, si suole attribuire al vecchio e decrepito nazionalismo. Non che tra le due ideologie non esistano differenze, e anche vistose. Il nazionalismo dei nostri padri e nonni era aggressivo e imperialista. Nel suo nome, in Europa e nel mondo, tra Ottocento e Novecento centinaia di milioni di vite umane sono state immolate nei roghi immani di decine di guerre. L'attuale sovranismo sembra avere invece una natura prettamente difensiva. Non chiede altro che innalzare muri, istituire dazi, chiudere porti e frontiere. Ma fidarsi troppo di questi suoi propositi apparenti sarebbe un grave errore.
In primo luogo, perché è evidente che il sovranismo, per la sua fondamentale natura regressiva e reazionaria, ha contribuito nell'ultimo decennio a risuscitare i più nefasti fantasmi del passato: suprematismi identitari e fanatismi religiosi, xenofobia, razzismo, antisemitismo, misoginia, omofobia, disprezzo per i valori liberal democratici, affermazione della forza repressiva e limitazione dei diritti umani. Un vaso di Pandora di pericolose follie. Alle quali dobbiamo aggiungere quelle, del tutto nuove, costituite dalle varie forme di negazionismo (da quello climatico, che ormai è una bandiera delle nuove destre in tutto il mondo, a quello abominevole che minimizza e cerca di cancellare dalla memoria storica i genocidi del Novecento).
Ma, più in generale, possiamo dire che il delitto imperdonabile del sovranismo sia stato quello di avere alimentato nei popoli il fuoco devastante della paura, e di avere soffocato quello purificatore della speranza. E lo ha fatto nel più subdolo ed esecrabile dei modi: diffondendo la menzogna. Menzogne spudorate sono state inoculate nell'opinione pubblica, grazie soprattutto alla nuova arma mediatica dei social, durante le campagne elettorali di tutti i grandi campioni del sovranismo mondiale, da Donald Trump a Jair Bolsonaro, da Nigel Farage a Boris Johnson e ai nostri estremisti di destra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Dati falsi e madornali diffusi a ritmo ossessivo, macchine del fango, complottismi, fino alla riesumazione di falsi storici che si credevano defunti per sempre, come l'inverosimile fandonia nazista della “grande sostituzione”, o “sostituzione etnica”, che i capi dell’estrema destra italiana non hanno esitato più di una volta a rilanciare nei comizi di piazza.
A questa pericolosa deriva si può e si deve rispondere con un solo motto: MAI PIÙ. È quello che hanno ripetuto di recente Angela Merkel e gli altri capi dei partiti democratici tedeschi, di fronte alla violenza impressionante dei gruppi neonazisti apertamente fiancheggiati dai sovranisti della Afd. Non dobbiamo stancarci di ripeterlo anche noi: MAI PIÙ!
EUROPA
Europa è il nome della nostra più grande speranza. Anzi, dell'unica speranza che abbiamo, come piccole nazioni di un piccolo Continente, di sopravvivere in un'arena geopolitica di giganti che vogliono dividerci per poterci dominare. Gli Stati Uniti di Trump e la Russia di Putin sono gli attori più aggressivi in un tale contesto di autentica guerra fredda. Sono loro, a tutti gli effetti, gli agenti principali della nostra sventurata crisi disgregativa. “Divide et impera”, dicevano i latini. Ed è esattamente il principio che Putin e Trump stanno mettendo in atto con la più palese determinazione. Lo si è visto con la drammatica vicenda della Brexit: tutti felici e gongolanti, i due campioni sovranisti dell'Est e dell'Ovest, davanti allo spettacolo di questa povera Europa che perde i pezzi e si sente tentata – per l'ennesima volta nella sua storia! – dal demone oscuro del suicidio.
Ma gli euroscettici e gli eurofobici d'Italia e degli altri Paesi dell'Unione martellano i loro popoli con gli slogan di una facile propaganda: l'Europa scellerata dei burocrati, delle banche, delle élites! E i populisti ci inzuppano il pane con imperterrita incoscienza. E d'accordo, saranno in parte anche vere queste implacabili accuse. L'Unione Europea ha pure le sue colpe, che tutti più o meno conosciamo. Ma mai e poi mai dovremmo dimenticare che le ragioni che ci obbligano a credere e a sperare nel processo di unificazione europea sono di gran lunga più forti e più importanti di quelle che ci spingono a criticare gli errori commessi finora.
La verità è che gli Stati Uniti d'Europa sono il nostro ineludibile futuro. Per questo dobbiamo lottare, nei prossimi anni, sia per correggere i difetti e le inadempienze della nostra Unione, sia per procedere con rinnovato entusiasmo sulla via della piena unificazione politica, e sia, soprattutto, per difendere e rilanciare il “modello Europa” come guida, come faro di civiltà, progresso e democrazia nel mondo. Perché l'unione non fa soltanto la forza, come dice il proverbio, ma fa anche la pace, la giustizia, la libertà, il benessere e la gioia. Sì, proprio la gioia che è il tema del nostro meraviglioso inno europeo, l'Inno alla gioia della Nona Sinfonia di Beethoven.
Da Lampedusa a Capo Nord siamo una grande Patria nutrita da millenni di civiltà comune. Soltanto nell'unione e nella concordia ci salveremo. Nei prossimi anni dobbiamo lottare per realizzare questo grande sogno incompiuto.