di Marco Marino
Libertà è un sostantivo femminile. Alcuni sono convinti che la parola libertà nasca da liber, che in latino significa libro. Tra questi c’è Maria Sebregondi che nel suo “Etimologiario” scrive che la libertà è l’«essenza astratta e universale del libro, mitico archetipo sottratto al mutamento, di cui i singoli libri non sono che oscuri indizi, confusi suscitatori di memoria, ombre nell’antro fumoso». Che in fondo vuol dire che i libri, e quindi la lettura, sono gli unici appigli che ognuno di noi ha per rintracciare una certa forma di libertà. E farla propria. Ora, se dovessimo deliniare il profilo di un uomo che per tutta la vita ha lavorato per rendere incredibilmente visibili quegli indizi, quegli appigli che i libri ti danno per potere affrontare il domani, ecco, il profilo di quell'uomo corrisponderebbe sicuramente alla figura di Romano Montroni.
È stato direttore delle librerie Feltrinelli, ha collaborato con la Coop per la realizzazione di librerie.coop; oggi è docente della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, e dal 2014 riveste la carica di presidente del Centro per il Libro e la Lettura (Cepell). Ma secondo un principio meramente olistico, la somma di tutti questi titoli non riesce a portarci al giusto totale. Perché Montroni è stato sì tutto quello che abbiamo detto, ma soprattutto - parallelamente a tutto - ha continuato ad essere un libraio. Un'avventura cominciata "per caso", come racconta nel suo libro Un libraio per caso (Marsilio), e divenuta di anno in anno una missione che anima ancora oggi la sua quotidianità.
«Quando ho assunto l’incarico di presidente del Cepell», comicia a raccontarmi, « circa sei anni fa, feci fare un’inchiesta sullo stato di lettura nei paesi europei. Come numero di lettori, noi siamo i terzultimi in Europa. Dall’inchiesta venne fuori che i paesi in cui si legge di più sono quei paesi in cui la politica crede nell'importanza della lettura, tanto che diventa, dagli asili nido fino ai licei, un vero e proprio elemento didattico».
Anche la lettura, mi chiedo allora, è una questione politica. «È volontà politica di un paese decidere se la lettura è un valore. Se la lettura ha un suo ruolo nel conoscere meglio sé stessi, gli altri; conoscere e riconoscere profondi livelli di coscienza...». Si ferma un attimo, ci rimugina, e prosegue: «E poi una persona che legge, da una che non legge, si riconosce subito. Ha un diverso porsi con le cose e col mondo».
Al momento questa importanza, in Italia non si scorge; se la lettura è un valore, resta un valore accessorio. Per quattro italiani su dieci, può essere "evasione", concedersi una via di fuga dallo stress giornaliero, ma niente di più. «Non bisogna vedere la situazione solo in questo modo. Perché le cose cambino abbiamo bisogno di determinazione politica, ma anche di autodeterminazione individuale come quella del Martin Eden di Jack London».
Da dove cominciare, o ricominciare?, gli domando. «Nella mia vita ho avuto l'onore di conoscere Claudio Abbado. Lui sosteneva che la musica classica è come la lettura: se uno impara da piccolo ad ascoltare la musica classica, non la abbandona più. Dobbiamo ripartire da quella qualità di ascolto per i più piccoli, sono il loro udito e il loro sguardo a fare la differenza. Che permetterà di cambiare sul serio».
A proposito di ragazzi. Il 23 aprile dell'anno scorso, per la giornata mondiale del libro, il Cepell è riuscito a portare in Parlamento cinquecento ragazzi per ascoltare la lettura di Martin Eden di Jack London. Un libro che ci rincorre in questa conversazione. Il gesto più politico, quasi rivoluzionario, però non si è limitato a quello. Perché i ragazzi non solo hanno ascoltato la lettura, ma è stato poi regalato loro il libro di London, così da poter continuare a casa a rintracciare quella voce appena ascoltata. È dalla fisicità di quei libri donati ai ragazzi, dice Montroni, che dobbiamo ricostruire. È lì lo Stato che si interessa di chi saremo in futuro.
Arriviamo alla crisi di questi giorni. Ieri in Italia le librerie hanno rialzato le saracinesche dopo un mese di chiusura. Non tutte, non in tutte le regioni. Molte hanno lamentato che non sono dei simboli e nemmeno dei supermercati: non si va in libreria per comprare qualcosa velocemente e andare via. Montroni mi risponde subito: «Il fatto che abbiano voluto riaprire le librerie è un evento culturale di assoluto rilievo. La riapertura non è obbligatoria, chi vuole può farlo, chi non vuole no. Ma per chi riapre, bisogna dire una cosa: adesso sta tutto nelle nostre capacità di librai di trovare i modi migliori per fare sentire di nuovo i lettori al sicuro quando varcano le soglie delle librerie. Ad esempio, reinventando del tutto gli spazi dei locali e offrendo a chi arriva una selezione giornaliera, settimanale, dei titoli a cui oggi ci si dovrebbe accostare. Non solo novità. I librai devono riuscire a suggerire dei libri che parlino ai lettori, è fondamentale per ricreare quel legame smarrito».
Il pensiero ora va ad un post su facebook di Nicola Lagioia, scrittore e direttore del Salone del Libro di Torino, che si interrogava sulla possibilità che il governo apra dei tavoli di crisi con la filiera del libro, che durante il lockdown ha perso più di quarantanove milioni di euro. «Il governo aiuterà la filiera del libro. Ne sono convinto. Il ministro Franceschini è un uomo che ha fatto tantissime cose per il mondo del libro: arriveranno degli aiuti finanziari per superare l'emergenza».
Potremmo continuare a lungo questa nostra conversazione, il tempo in queste giornate di clausura non manca. Per continuare ad ascoltare Romano Montroni sull'universo di carta, che tanto ci riguarda, segnaliamo a tutti i nostri lettori che oggi sarà ospite del festival digitale "Anche da qui" di 38° Parallelo. Questo pomeriggio lo vedrà dialogare con Giuseppe Scuderi, membro del comitato scinetifico-organizzativo della "Via dei Librai" di Palermo. L'appuntamento è alle 17, sulla pagina facebook di 38° Parallelo e in contemporanea su quelle di TP24 - Il territorio in diretta e di Bibliotp - rete biblioteche Trapani e provincia.