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19/04/2020 06:00:00

Il duplice assassino di Via della Clessidra. Una burla /1

di Marcello Benfante, con le tavole di Gianni Allegra

I
BONJOUR

Un giorno davanti verso mezzogiorno di dietro sulla piattaforma davanti e posteriore di dietro di un autobus davanti quasi completo di dietro vidi davanti un uomo di dietro che aveva davanti un collo lungo di dietro e un cappello davanti con una treccia di dietro al posto del nastro davanti. (Raymond Queneau, «Esercizi di stile»)

Era uno di quei tersi mattini ancora invernali, benché affettuosamente tiepidi, in cui a Palermo, smog permettendo, il cielo è azzurrissimo, come la carta di un dono inatteso, tanto da sembrare finto, appena verniciato con grandi e generose pennellate di un pittore naïf.

Ovunque la luce risplendeva sulle case, per le vie, lasciando una specie di polvere dorata, che anch’essa sembrava una specie di effetto scenico. Sicché ciascuno, camminando per strada e respirando in quella mite trasparenza, aveva l’impressione d’essere in qualche modo ricco o almeno partecipe di una ricchezza diffusa.
La sensazione, insomma, di vivere in una specie di Eldorado solare, pur sapendolo illusorio come tutte le terre promesse.

In queste non rare giornate di splendore, la città si sveglia infatti meno disperata, quasi che i suoi problemi fossero per un attimo accantonati da un miracolo di luce.

E appare più bella o se non altro più serena, anche laddove il degrado e il declino più ne hanno segnato l’anima e il volto.

M’ero alzato di buonora e malavoglia, trafitto dai raggi che trapassavano le persiane in un turbinio pulviscolare. Avevo fatti sogni strani, forse segretamente angosciosi, che ancora persistevano nella mia testa intontita. Il caffè mi aveva destato alla consapevolezza che, nonostante la ridente giornata che invitava all’ozio, occorreva mettere riparo al mio increscioso ritardo sul lavoro.

Ero stato già diverse volte richiamato al rispetto dei tempi e delle consegne, entrambi disattesi con recidiva inadempienza. Che ci posso fare, sono un ritardatario cronico. L’indolenza è il mio vizio principe, una lagnusia andalusa.

L’editore di “Criminal Dreams” mi aveva chiesto per l’ennesima volta e con urgenza assoluta le tavole conclusive dell’episodio che mi era stato affidato (“Mi raccomando, che ci sia più sangue stavolta, ma non troppo ovviamente”). E anche l’Agenzia pubblicitaria con la quale collaboro mi aveva sollecitato il bozzetto della nuova campagna di biancheria intima che stava curando (“Qualcosa di sexy, alla Manara per intenderci, senza esagerare, senza volgarità”).

Sempre così, un colpo al cerchio e uno alla botte. La doppia regola della comunicazione di massa.

Ma io non avevo alcuna voglia né di storie sanguinolente né di donnine maliziose quanto basta. E a dirla tutta, né di fumetti né di pubblicità.

Chissà perché detestiamo sempre il lavoro che ci fa campare, e invece vorremmo sempre dedicarci a un altro lavoro più incerto e avaro, ma tanto più gratificante.

Ma non è questo il momento per certe confessioni personali. Avremo modo di riparlarne in seguito.

Stavo dicendo? Ah sì, il sole, questo sovrano assoluto. Questo despota che ci governa con arroganza e soperchieria.

Il sole, dunque, invadendo prepotente e gioioso la mia casa mi chiamava imperiosamente alla vita. Ma la vita ha le sue esigenze e i suoi doveri. Ne è conscio perfino un inconcludente come me.

Mi rassegnai allora alla dura lex del tavolo da disegno. E per la verità lavorai sodo per un paio d’ore. Esaurita la buona lena e le buone idee, decisi che mi ero meritato una pausa, forse precoce, ma assolutamente inderogabile.

La consueta passeggiata sul viale della Libertà, tra il sole brioso e l’ombra gentile dei platani, con l’immancabile fermata al chioschetto dei libri usati, mi riconciliò col mio umore ansioso.

Tutto sembrava ripetersi con rassicurante puntualità. Persino i miei ritardi ricorrevano con esatta scadenza. Ma quella soave routine non era che una ingannevole e subdola apparenza. Fatti nuovissimi e sconvolgenti stavano per irrompere nella mia vita monotona di illustratore dei sogni altrui, gettandomi in una lizza entusiasmante.

E questa svolta da capogiro, questo benedetto imbroglio, è proprio la storia che mi accingo a raccontarvi.

La quale comincia così.

II
FUMATA NERA

Non posso togliermi dalla testa l’idea che la diavoleria si trovi in un’operazione resa invisibile dalla semplicità del risultato, ma che sola può spiegare l’imbarazzo indefinibile che esso provoca. (Michel Foucault, «Questo non è una pipa»)

Dunque, verso mezzogiorno prendevo il solito aperitivo (un White Lady, agre omaggio alla mia Dame invisible) al Caffè degli Artisti, godendomi il passìo degli sfaccendati e divertendomi a calcolare la frequenza (l’infrequenza) con cui passavano gli autobus, quando vidi arrivare, trafelato e fosco, il mio vecchio amico Ferraù Maltese, ex compagno di scuola, di professione (si fa per dire...) investigatore privato. Praticamente disoccupato.

I suoi folti capelli rossicci erano tutti scompigliati, come se non avesse neanche tentato di pettinarli. Gli occhi cerchiati e pesti di chi ha passato una notte insonne ad arrovellarsi.

Si accasciò su una sedia, al mio tavolino traballante, esausto e madido, quasi fosse reduce da una maratona. Con le dita a V, come se alludesse a una qualche vittoria che l’espressione afflitta del viso smentiva immediatamente, fece cenno a Isidoro, il vecchio e imperturbabile cameriere, di portargli un caffè doppio.

- Hai letto i giornali? – mi chiese non appena riprese fiato, dopo aver ingollato d’un sorso il caffè doppio e averne ordinato un altro, col medesimo gesto churchilliano, nonostante la sua gastrite cronica.
- Ho dato un’occhiatina.
- Saprai dunque dell’omicidio in via della Clessidra...
- Ho letto i titoli... un bel mistero...
- Che dovrò risolvere io...
- Tu? Come mai?
- Che vuol dire come mai? Dovrò risolverlo io perché sono stato incaricato delle indagini dalla famiglia della vittima, ecco come mai.
- Intendevo dire, perché proprio tu? Senza offesa... non si può certo dire che il tuo curriculum sia lungo e prestigioso... a volte penso che avresti fatto meglio ad esercitare l’avvocatura, come la buonanima di tuo padre...
- Grazie, sei sempre molto incoraggiante... comunque, è una lunga catena, sai come vanno certe cose a Palermo... amici di amici di amici... che hanno fatto il mio nome, come persona raccomandabile...
- Non si fidano della Polizia, evidentemente...
- È probabile. La Polizia comunque brancola nel buio, come si dice in questi casi.
- Tu invece...
- Io invece mi sono smarrito nelle tenebre più profonde!
- È dunque un caso così complicato...
- Complicatissimo. Un vero enigma.
- Fammene un breve resoconto.
- È presto detto. Un uomo è stato ucciso con un colpo di pistola sparato da una distanza di circa sei metri...
- Un colpo solo?
- Sì, un colpo secco. Il proiettile si è conficcato nella fronte della vittima, uno stimato ragioniere...
- L’assassino è dunque un buon tiratore.
- Suppongo di sì. O un uomo molto fortunato.
- Propendo per la prima ipotesi, anche se il caso è per definizione imponderabile.
- Il che farebbe supporre un’esecuzione da parte di un killer professionista.
- La deduzione è logica, anche se forse affrettata.
- Hai ragione. Immagino che un professionista avrebbe usato il silenziatore.
- Che invece mi pare di capire l’assassino o l’assassina non ha usato…
- Non l’ha giudicato necessario. Il che mi pare piuttosto strano, tutto sommato…
- Già, perché fare chiasso e richiamare l’attenzione?
- Tanto più che il povero ragioniere si è accasciato sul balcone senza un grido. Se non fosse stato per quel fragoroso BANG, nessuno si sarebbe accorto di niente.
- Sappiamo altro della dinamica dei fatti?
- Fin troppo.
- Come sarebbe a dire?
- Abbiamo due testimoni.
- Ottimo...
- E abbondante. Il guaio è che uno dei due è in eccesso.
- Ovvero mente.
- Magari senza volerlo. Succede, a volte...
- Ma chi dei due? È questo il problema, vero?
- Proprio così. Uno afferma che l’assassino fosse un uomo, con i capelli neri imbrillantinati, baffi e basettoni démodé. L’altro che fosse una donna bionda, in abito lungo, vagamente spagnolesco, truccata in modo vistoso. Nelle cronache locali potrai trovare una descrizione molto particolareggiata.
- Due deposizioni contrastanti, dunque...
- Non del tutto. I testimoni concordano esattamente sull’ora e su ogni altro particolare. Hanno visto la stessa scena, indubbiamente.
- Le condizioni di visibilità?
- Accettabili, diciamo... insomma non era proprio buio, ma certo non splendeva una luce abbacinante...
- Se ne può dedurre che i testimoni potrebbero essere stati indotti in errore dalla semioscurità, ma che siano entrambi sinceri.
- Pare proprio di sì. Sono persone rispettabilissime, con una buona vista, in perfetto stato di salute mentale. Due testimoni molto attendibili.
- E tuttavia incredibili...
- Esatto. Uno dei due deve essersi ingannato.
- Ti sei fatto un’idea su chi dei due potrebbe aver preso un abbaglio?
- Assolutamente no. Sembrano entrambi sicuri. Non hanno tentennamenti o incertezze di sorta. Ciascuna delle due contrastanti esperienze, stando almeno alle dichiarazioni riportate dalla stampa, ha i crismi dell’evidenza assoluta e incontrovertibile.
- E d’altronde niente può essere più evidente di ciò che vediamo.
- Questo è solo uno dei tuoi consueti giochi di parole...
- Almeno non sono giochi villani. E da dove avrebbe sparato l’assassino o l’assassina?
- Dal tetto di un palazzo. La sua vittima era affacciata a un balcone, al secondo piano dell’edificio di fronte. Fumava, come ogni sera dopo cena, l’ultima sigaretta.
- Ultima in tutti sensi. Una vera e propria fumata nera. E perché sul balcone? La sera fa ancora un po’ freddino...

- A quanto pare la moglie non sopporta che si fumi in casa. È un tipo piuttosto autoritario...
- E dunque mentre fumava la morte lo ha bruciato in un istante. Un colpo magistrale, direi.
- Forse. La via della Clessidra, come sai, è piuttosto stretta.
- Colpirlo non era dunque tanto difficile.
- Già, ma centrarlo in mezzo alla fronte con un unico colpo è roba non dico da Guglielmo Tell, ma quanto meno da tiratori esperti.
- Il che potrebbe restringere il campo delle indagini.
- Sapendo da dove iniziare. C’è poi un altro aspetto da chiarire: il killer come si è dileguato?
- A meno che non fosse Spider Man, suppongo abbia preso le scale e sia sceso in strada...
- Ipotesi che farebbe propendere per un uomo. Una donna in abito lungo, da sera, darebbe all’occhio, non sarebbe sfuggita alla curiosità dei passanti.
- A proposito ce n’erano?
- Sì, soprattutto parecchi avventori nei ristoranti.
- E nessuno ha notato strani movimenti?
- Nessuno. Ma consideriamo pure che sbarazzarsi di una gonna lunga non è poi così difficile. Basta averne sotto un’altra più corta e ficcare la prima in una borsa, per esempio, o appallottolarla e gettarla in un cestino... a trovarlo, beninteso.
- Certo, non è un problema... a parte la ricerca del cestino, forse. E nell’ipotesi che si fosse trattato di un uomo? Com’era vestito? Cosa dice il testimone...
- Un completo nero, elegante, con un garofano bianco all’occhiello...
- Ha notato perfino il garofano. Non credo l’abbia inventato...
- E perché no? Alle volte la suggestione fa brutti scherzi.
- Anche lui sarebbe stato notato sicuramente.
- Non necessariamente. È una strada popolare ma frequentata anche da gente ben vestita, da turisti, perfino da artisti...
- Un momento. Fin qui abbiamo posto una specie di aut aut. E se invece si trattasse di una coppia di sicari? Non un uomo o una donna, bensì un uomo e una donna.
- L’ipotesi non regge. Poiché un testimone ha visto sparare un uomo e l’altro testimone ha visto sparare una donna, dovrebbero essere partiti due colpi da due armi. Ma entrambi i testimoni sostengono di aver udito un unico colpo...
- Gli assassini potrebbero avere sparato nello stesso istante, all’unisono...
- E come mai, allora, sul corpo della vittima è stato rinvenuto un solo proiettile?
- L’altro ha mancato il bersaglio.
- Si sarebbe però conficcato da qualche parte, sulla facciata del palazzo, dentro l’appartamento, in una grasta sul balcone. Invece niente, non c’è traccia di un secondo proiettile.
- Potrebbe essere sfuggito agli investigatori.
- Potrebbe, ma è una teoria improbabile. La scena del delitto è stata setacciata meticolosamente.
- C’è sempre qualcosa che sfugge.
- Questo è poco ma è sicuro.

CONTINUA
- Il prossimo capitolo uscirà sabato 25 aprile -