di Mario Valentini
Tra le risultanze (intime, personali) di queste circa sei settimane di reclusione, quella che con maggiore ritrosia mi tocca confessare è la mia conversione. Sì, una vera e propria conversione religiosa. Sono cioè passato nel giro di una quarantina di giorni da una posizione di convinto ateismo a una posizione altrettanto convinta di religioso fervore.
Eh, sì! Devo riconoscerlo. I primi di marzo ero ancora ateo, ora credo ciecamente nell'esistenza di Dio. Com'è potuto verificarsi questo repentino ribaltamento di prospettiva ancora mi stupisce. Certo, l'isolamento – si è detto – offre la possibilità di riflettere sul senso ultimo delle cose. Vabbè, ma così in fretta?
Per ricostruire il percorso di questo breve ma deciso travaglio spirituale INTANTO dovrò fare alcune premesse, poi una breve cronistoria.
Tutto ha avuto inizio da alcuni messaggi presenti in una chat scolastica (sono insegnante di scuola media), una chat di colleghi, e da un altro, successivo invito ricevuto in un gruppo di vecchi compagni di scuola. Insomma, mentre nella chat scolastica alcuni colleghi (anzi colleghe) postavano un invito, INTANTO nella chat dei vecchi compagni di scuola ricevevo lo stesso identico invito. Era un invito a pregare. Tutti assieme, a distanza, ognuno chiuso nelle proprie case. A un determinato orario, in un giorno prestabilito.
Io, personalmente, sono cresciuto in una famiglia di solide tradizioni comuniste. Mio nonno e tutti i suoi fratelli erano piuttosto vicini al PCI, tutti atei, avevano abbracciato tutti una visione materilistica della vita. Mio nonno, ricordo, che coltivava anche qualche passione amatoriale da scienziato, aveva l'abitudine di sottoporre a vaglio razionale ogni sua credenza. Ormai ultranovantenne, vedendo avvicinarsi l'ora ultima, aveva con un certo scetticismo provato a rintracciare la possibile dimostrazione dell'esistenza di Dio in alcune teorie scientifiche che andava studiando. Si era aperto, insomma, alla possibilità di ammettere l'esistenza di una vita oltre quella terrena, che non implicasse per evidenza dei fatti la completa dissoluzione dell'identità individuale una volta varcata la soglia della morte. Io, di contro, pur ascoltando con grande interesse i suoi discorsi, nondimeno frequentavo la parrocchia. È stata una breve stagione, incentivata soprattutto da mia madre. Mi sono affrancato presto dal retaggio dalla chiesa cattolica. Superata la soglia dei quattordici anni sono approdato a un'istintiva diffidenza per le cose di chiesa, mutatasi con il tempo e dopo diverse e disparate letture in un definitivo materialismo, tramutatosi nel volgere di qualche altra stagione in un aperto ateismo che solo negli ultimi anni ho avuto voglia di sbandierare ai quattro venti.
Poi, ai primi di marzo di quest'anno, tutto è cambiato. Credo sia uno degli svariati e imponderabili effetti dell'isolamento dovuto alla pandemia sulla vita delle persone. C'è chi è diventato nel giro di poche settimane fortemente dislessico, chi fotofobico, chi ha sviluppato una forma acuta di agorafobia e ha già dichiarato che non uscirà di casa nemmeno quando tutto 'sto casino sarà finito. Io mi sono convertito.
Quando ho cominciato a ricevere gli inviti alla preghiera sulla chat che ho con i miei colleghi di scuola (soprattutto dalle maestre, bisogna dire) ero già molto stressato dall'indesiderata clausura. Avrei voluto urlare di smetterla, rispondere con veemenza che la scuola è un organismo laico e dunque, anche sulle chat dei docenti, a mio avviso doveva vigere un rigoroso laicismo. Ma ho evitato. Un eventuale messaggio sarebbe stato percepito come l'ennesima provocazione. "Farsi nuocere"si dice dalle mie parti. Tradotto, potrebbe suonare all'incirca: "avere l'abilità di provocare negli altri un acuto fastidio nei confronti della tua persona". Quindi non ho reagito come avrei voluto, perché sempre di lavoro si tratta. È d'obbligo riuscire a mantenere relazioni cordiali. Però sulla chat dei miei ex compagni di classe, che è informale e in cui ci si confronta più schiettamente, l'ho scritto. Ho scritto: "Carissimi, in un momento così delicato abbiamo bisogno della piena complicità e solidarietà del nostro Creatore (in cui non credo). Ma se dovesse esistere, della qual cosa dubito fortemente, reputo sia meglio non irritarlo. Una mia eventuale preghiera, in una fase così delicata della nostra esistenza e della storia delle nostre comunità, gioverebbe poco alla causa. Quelli come me, se si unissero sciaguratamente alla preghiera, non sortirebbero altro effetto che fare irritare l'Altissimo. Se ne avrebbe certamente a male. Avrebbe l'ennesima dimostrazione del bieco e sfacciato opportunismo della stirpe umana. Di tutti quelli pronti a rivolgersi a Lui solo e unicamente quando costretti da uno stato di necessità. Ci considerebbe degli ipocriti voltagabbana, insomma. E tali, di fatto, ci dimostreremmo una volta ancora". I miei ex compagni di classe hanno compreso. E hanno convenuto che in effeti, per prudenza, era consigliabile che almeno io mi astenessi.
Da quel momento però ci ho pensato su a lungo. Mi era come rimasto un tarlo dentro. INTANTO mi ero messo alla ricerca di una bella frase atea da mettere nella chat di scuola, in risposta ai numerosi inviti alla preghiera, accompagnati da quell'emoticon delle manine giunte per cui provo un'istintiva repulsione. Non per provocare. Così, giusto per sentirci meno soli, tra gli agnostici, gli atei e gli aconfessionali presenti a vario titolo nella chat, che certamente ci dovevano essere: timidi, emarginati, messi di lato, in una posizione di netta minoranza, incapaci di reagire allo strapotere protervo dei credenti. Così mi ero connesso al sito dell'UAAR, l'associazione degli atei e degli agnostici razionalisti, ma niente! Non avevo trovato nessuna frase che facesse al caso mio. E quindi pazienza, ho taciuto, subendo in silenzio l'invito alla preghiera che allora, visto che non mi ero ancora convertito, mi sembrava oltremodo invadente, poco rispettoso delle diverse convinzioni degli abitanti di una chat. Però, ripeto, mi era rimasto il tarlo. E cominciavo a ragionare sulle mie reali convinzioni religiose. Pensavo: "ma sono proprio ateo o piuttosto dovrei dichiararmi agnostico?". Combattevo con me stesso. "No, no! Sono ateo, convintamente ateo", pensavo. Però pensavo che la posizione dell'ateo è anche un po' carica di pregiudizi, che è poi quello che io stesso contestavo ai credenti. Un ateo è ateo. Punto. Non si concede lo spazio di riconsiderare la cosa. L'agnostico invece presuppone che possa anche esistere una dimostrazione valida dell'esistenza di Dio ma, non avendola mai trovata, ne nega l'esistenza fino a prova contraria. Ecco, è proprio questo il punto, la dimostrazione dell'esistenza di Dio. E qui il tarlo si era già diffuso, stava facendosi strada, prendendo piede nella mia coscienza, stava scavando un tunnel silenzioso sgretolando poco alla volta dentro di me ogni certezza. Dalla posizione di ateo convinto ero già scivolato a una concezione più possibilista: quello dello scettico che sarebbe stato disposto anche a cambiare idea se avesse trovato ragioni valide per farlo. E così avevo incominciato a cercare non già le ragioni valide dell'inesistenza di Dio, ma possibili dimostrazioni di una sua possibile esistenza. Tutto questo travaglio sarà durato, sì e no, un paio di settimane. Si era già al 20-25 marzo.
Poi, una mattina, mi ero appena svegliato, avevo appeno preso il caffè e stavo fumando una sigaretta in balcone (l'ora d'aria del carcerato), ed ecco giungere un pensiero, un ricordo. Fino a quel momento ci avevo pensato spesso, come molti di mia conoscenza d'altronde. Il ricordo dell'agosto della scorsa estate, di quei giorni assurdi e incomprensibili del Papeete, quel gesto autolesionista dell'allora ministro dell'interno che si era di fatto autoescluso dal governo, decretandone la fine e dando avvio alla creazione di una nuova maggioranza. A molti quel gesto, quella forzatura, era parso passaggio incomprensibile, fuori da ogni logica politica. L'ex ministro Salvini aveva chiesto pieni poteri, ricordate? Quindi aveva provocato la crisi di governo. Infine si era ripreso da quello che ormai veniva considerato l'effetto indesiderato di una prolungata ubriachezza estiva, dovuto ai troppi mojito bevuti in riva al mare che - dicevano alcuni - gli avevano certamente offuscato il cervello, e si era accorto che la costituzione italiana prevede che, se cade un governo, si possa trovare una diversa maggioranza in Parlamento. Non lo sapeva o non se lo ricordava nel momento in cui aveva provocato la caduta del governo. Ed è andata proprio così, che in Parlamento si è creata una nuova maggioranza. Era un passaggio che a molti era parso liberatorio ma la cui dinamica sembrava (a quegli stessi molti) del tutto incomprensibile, al di fuori di ogni logica politica consolidata. Ed era effettivamente incomprensibile. Ora invece, a distanza di circa sei mesi, la logica di quegli eventi mi pareva evidente. Ora, che siamo nella merda, quel passaggio mi appariva comprensibile alla luce di un messaggio diverso. Nell'unica prospettiva plausibile. Quella era la dimostrazione precisa e inconfutabile dell'esistenza di Dio. Perché, appunto, siamo già nella merda, stiamo attraversando una terribile crisi sanitaria, il paese è sull'orlo di un tracollo economico, moltissime aziende rischiano il fallimento, i rapporti con l'Unione Europea sono instabili e conflittuali, le libertà personali fortemente limitate, i controlli delle forze dell'ordine per le strade continui e costanti, lo spaesamento collettivo si fa molto sentire, l'impoverimento delle famiglie rischia di rendere ingestibile perfino l'ordine pubblico, alcuni supermercati sono presidiati dalle forze di polizia. Cosa sarebbe successo se a gestire questa crisi, pensavo mentre bevevo il caffè, fosse stato un ministro degli interni come Salvini, che ha sempre soffiato sul fuoco di una deriva autoritaria del governo? Uno che aveva chiesto, già allora, quando tutti stavano bellamente in vacanza e non c'era all'orizzonte nemmeno l'ombra di una calamità planetaria come quella che oggi stiamo vivendo, pieni poteri di mussoliniana memoria? Saremmo stati spacciati. Una vera catastrofe si sarebbe abbattuta sul nostro paese, già di per sé piuttosto fragile. Non discuto sulla capacità che avrebbe avuto quel governo di affrontare la crisi sanitaria. Se ne potrebbe ragionare a lungo e rimarrebbe comunque una questione aperta e senza risposta. Ma sul come avrebbe gestito alcuni aspetti essenziali della crisi sanitaria non penso ci possano essere dubbi. Con molta probabilità avremmo assistito a ronde di privati cittadini, molti dei quali appartenenti a formazioni ben poco raccomandabili di estrema destra, alcune delle quali apertamente elogianti il fascismo, sparpagliate per la città per fare rispettare a suon di randellate le disposizioni del governo. E a un dispiegamento imponente di carabinieri, esercito e polizia per le strade del paese, in un'esposizione di muscoli atta a dimostrare il pugno forte di un governo che ce l'ha duro (come ce l'ha duro ogni leghista che si rispetti). Nemmeno un po' di opposizione scendendo nelle piazze si sarebbe allora potuto fare, probabilmente, perché qualsiasi tipo di assembramento sarebbe stato interpretabile come attentato alla salute pubblica. Avremmo assistito probabilmente a una spietata campagna contro stranieri e migranti, che attraverso voci artatamente fatte girare sui social network sarebbero stati scelti come capri espiatori, forse assurgendo al ruolo di untori che minano l'intergità sanitaria dell'italica gente incorrotta. O quanto meno avremmo sentito ripetere come un mantra, per ogni forma di aiuto predisposto per le famiglie, quel "prima gli italiani" che riecheggiava continuamente un anno fa da ogni parte e in ogni dove. E mi sembra alquanto probabile che si sarebbe avviata una delle peggiori campagne discriminitorie viste in Italia dai tempi delle leggi razziali. O qualcosa di molto simile, immagino, sarebbe avvenuto. Avveniva in tempi normali, figuriamo in tempi davvero eccezionali! Sono tutte ipotesi indimostrabili, è chiaro, si lavora di pura fantasia. Ma, ricordando il clima sociale che si respirava in Italia un anno fa, non è molto difficile immaginare che più o meno questo sarebbe stato l'esito di una crisi sanitaria come quella che stiamo vivendo, se gestita da quel governo. E poi cos'altro? Vogliamo parlare della capacità che avrebbe avuto quel governo di interfacciarsi con gli altri governi dell'Unione Europea per trovare soluzioni praticabili e condivise alla crisi economica? Saremmo già allo scontro frontale probabilmente, senza alcuna possibilità di contrattazione, tenuti a distanza e ridotti a un'autarchia che avrebbe il sapore di un esacerbato vittimismo più che di un orgoglioso e combattivo isolamento. E inoltre, è legittimo immaginare che sarebbe potuto accadere qualcosa di molto simile a quanto avvenuto di recente nell'Ungheria di Orban, fiero alleato di Salvini e punto di riferimento per le sue poltiche sovraniste e antieuropeiste? Qualcosa come quello che si è ripetuto pochi giorni fa nella Slovenia governata da Janez Jansa? Molto sarebbe dipeso da come alcuni passaggi si sarebbero consumati all'interno di quella maggioranza, e dalla quantità di potere che lo stesso Salvini sarebbe stato capace di accentrare su di sé in un governo che, l'anno scorso, era già fortemente condizionato dalla sua visione politica. Avremmo oggi il nostro Orban saldamente al potere? Chi può dirlo. Ma una buona probabilità che questo sarebbe avvenuto c'è.
E invece...
Invece ora quel che in agosto appariva oscuro e incomprensibile, alla luce degli eventi degli ultimi due mesi appare luminoso e evidente. Non era ubriachezza, era un trama di Dio, che tutto prevede e ogni tanto provvede. Di fronte all'inerzia italiana Lui, che è l'Onnisciente e dunque sapeva benissimo quel che in meno di un anno sarebbe accaduto, ci ha dato una piccola mano, ha provveduto. Non era ubriachezza: per evitare di farci precipitare in una merda senza scampo, l'Altissimo ci ha offerto l'occasione di farci stare in una merda da cui almeno, forse, qualche via di scampo c'è ancora e da cui forse ci possiamo anche sollevare. È già qualcosa. C'era dunque il Suo zampino dietro quell'assurda manovra, che a molti era parsa del tutto incomprensibile.In questo modo è dunque avvenuta la mia definitiva conversione. Ho avuto chiaro, improvvisamente, che esiste davvero e che anzi esiste al di là di ogni possibile dubbio. È stata una rivelazione. Ora sì che mi vedrete stringere nelle mani un crocifisso, davanti allo schermo, in una diretta facebook, pregando, sgranando il rosario e baciandolo più e più volte, facendo tutti dei gesti evidenti di esagerata e conclamata devozione. O forse no, forse quei gesti è meglio evitarli. Brutti ricordi ritornano.
MARIO VALENTINI è nato a Messina nel 1971, ha studiato e lavorato a Bologna, ora vive a Palermo. Molti suoi racconti sono stati pubblicati in rivista (Il semplice, Fernandel, Il caffè illustrato, Mesogea, Margini), in diverse antologie, in riviste online (minima&moralia, zibaldoni, mesogeamag). Ha collaborato per diversi anni con l'edizione palermitana de la Repubblica. Ha fatto parte del gruppo che realizzava Il Semplice, messo insieme e guidato da Ermanno Cavazzoni e Gianni Celati. Ha pubblicato i libri Voglia di lavorare poca (Portofranco, 2001), In certi quartieri (Mesogea, 2008), Come un sillabario (Mesogea, 2015), Così cominciano i serial killer (Mesogea, 2018), La minuscola (Exòrma, 2018).