Il tenente colonnello dei carabinieri Marco Alfio Zappalà ha cercato di difendersi nel corso del processo all’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino affermando di non ricordare “di avere inviato quella mail” all’ex primo cittadino.
La mail è quella relativa agli screenshot di un’intercettazione effettuata nell’ambito delle indagini volte a catturare il latitante Matteo Messina Denaro.
“Con il mio telefonino non ho mai utilizzato mail drop – ha detto l’ufficiale davanti il Tribunale di Marsala - Perché avrei dovuto farlo proprio in quell’occasione? Tra l’altro, per inviare quegli screenshot non c’era bisogno di mail drop, che serve per inviare files molto pesanti”. Zappalà lo ha detto rispondendo alle domande del pm della Dda di Palermo Pierangelo Padova.
Nel processo, Vaccarino è accusato di concorso in rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale con l’aggravante per mafia.
L’ufficiale dei carabinieri è coinvolto nella stessa inchiesta della Dda insieme con l’appuntato Giuseppe Barcellona. Vaccarino (tornato in carcere lo scorso 10 gennaio) era stato arrestato il 16 aprile del 2019 insieme ai due carabinieri (Zappalà e Barcellona), nell’ambito delle indagini sul latitante Matteo Messina Denaro.
Secondo l’accusa, l’ex sindaco di Castelvetrano, che lo scorso anno era tornato in libertà 15 giorni dopo l’arresto, avrebbe ricevuto da Zappalà, che era in servizio alla Dia di Caltanissetta, uno stralcio di una intercettazione e l’avrebbe girata a Vincenzo Santangelo, titolare di un’agenzia funebre già condannato per mafia.
Zappalà è accusato di rivelazione di notizie riservate e Barcellona, addetto alla trascrizione di intercettazioni a Castelvetrano, di accesso abusivo al sistema informatico.
L’ufficiale ha scelto il processo con rito abbreviato davanti al gup di Palermo e per lui i pm hanno invocato la condanna a 5 anni di carcere, mentre Barcellona ha chiesto di patteggiare.
A Zappalà, il pm Padova ha contestato di avere ammesso, però, nel corso dell’interrogatorio di garanzia subito dopo l’arresto, di avere inviato quel messaggio a Vaccarino. E di aver aggiunto di averlo fatto perché l’ex sindaco era una sua fonte investigativa.
“Nel 2017 – ha risposto l’ufficiale dell’Arma – ho avuto in incidente con la moto e ho subito un trauma cranico che mi ha provocato qualche problema alla memoria. Quando sono stato interrogato dal gip, davo per scontato che quel messaggio l’avevo inviato io. Poi, ho capito che non potevo aver fatto quell’errore, con l’invio di 8 allegati, 4 per ogni mail, in 2 minuti e 57 secondi, cosa che apprendo in ottobre dai miei consulenti. E al gip ho detto che Vaccarino era una mia fonte non per giustificare l’invio della mail, ma l’indagine fuori territorio”.
Per Zappalà, la mail non sarebbe stata inviata con il suo telefonino, “ma con un tablet o un ipad”. L’ufficiale ha concluso dicendo: “Da mesi, ricevevo tentativi anomali di accesso al mio dispositivo telefonico, con il messaggio ‘qualcuno conosce la tua password, google ha bloccato l’accesso’, ma pensavo fossero falsi alert. Poi, ho cambiato la password. Ed è in quel momento, il 22 febbraio 2018, che parte lo screenshot”.