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01/06/2020 06:00:00

Mafia. I sette anni chiesti per Vaccarino e i punti oscuri di una vicenda complicata

 Meno di una settimana fa la Dda di Palermo ha chiesto sette anni di reclusione per Antonio Vaccarino.

L’ex sindaco di Castelvetrano era stato arrestato il 16 aprile dell’anno scorso, insieme a due carabinieri, il colonnello Marco Alfio Zappalà della Dia di Caltanissetta e l’appuntato scelto in servizio a Castelvetrano Giuseppe Barcellona.

I due militari sono sotto processo in abbreviato, mentre Vaccarino martedì scorso ha partecipato all’udienza di Marsala, in videoconferenza dal carcere di Catanzaro.

Il sostituto procuratore Pierangelo Padova, così come riportato dall’agenzia Agi, nella sua requisitoria  ricorre ad una citazione: “Diceva Hemingway ’non lasciare che la verità rovini una bella storia’, ma questo non è un romanzo, né una sceneggiatura di un film e credo che si debba applicare un principio radicalmente opposto”.

 

I fatti, avvenuti nel 2017, riguardano le foto del testo di un’intercettazione che l’appuntato invia al colonnello. Poi, dall’account di posta elettronica di Zappalà, arrivano all’indirizzo mail di Vaccarino che, a sua volta, le stampa e le consegna al pregiudicato per mafia Vincenzo Santangelo.

L’ex sindaco di Castelvetrano è imputato per “concorso in rivelazione di segreto d’ufficio” e “favoreggiamento personale” aggravato dall’aver agevolato la mafia.

I pm della Dda di Palermo, nella descrizione dell’accusa riportata dall’Agi, dicono che “Vaccarino ha istigato Zappalà, facendosi consegnare copia del verbale di trascrizioni, perché probabilmente si era accreditato e il giorno dopo Vaccarino consegna a Santangelo l’intercettazione che aveva di certo interesse per la cattura di Messina Denaro”.

 

Ci si chiede però che tipo di interesse per la cattura del boss latitante potesse rappresentare quell’intercettazione in cui due tizi sono convinti che il Santangelo (che ha un’agenzia funebre) avrebbe fatto il funerale gratis alla famiglia Cimarosa, in seguito alla morte del loro congiunto Lorenzo, noto collaboratore di giustizia.

La conversazione contestata, secondo la difesa rappresentata dagli avvocati Baldassare Lauria e Giovanna Angelo, è infatti “priva del presupposto del favoreggiamento, essendo priva di ogni informazione rilevante”.

Mentre, sull’altra parte dell’accusa, i difensori hanno sottolineato che “soltanto un pubblico ufficiale può commettere il reato di rivelazione del segreto d’ufficio”.

Il che è vero. Ma è anche vero che a Vaccarino viene attribuito il “concorso” nella rivelazione.

Non è però emersa alcuna intercettazione sulle sue eventuali sollecitazioni o pressioni nei confronti del colonnello Zappalà per conoscere notizie di ufficio segrete.

Insomma, come sottolineato dalla difesa, “qui mancano i reati, non c’è la rivelazione e manca pure il favoreggiamento”.

 


L’accusa, infine, fa uno scivolone.

Nel corso della requisitoria, il pm Padova afferma che Vaccarino, parlando con Santangelo, “non sapendo di essere intercettato, disse di Lorenzo Cimarosa ‘questo fango che si è pentito e si lanzò tutto”.

I riferimento è questa parte dell’intercettazione, che riportiamo:

 

VACCARINO: Con l’uso che tu sai di doverne fare e con la motivazione che la tua intelligenza sa che mi spinge, un colloquio tra due, secondo me pezzi di fango e nient’altro perché non ce ne è altri qua, eh dice c’è andato a fare il funerale fa finta a questo fango che si è pentito che si lanzò tutto…

SANTANGELO: Eh

VACCARINO: Ci è andato a fare il funerale, però fa finta di non si pagare, fa finta di pagarsi però so che non si paga… discorsi, che sono i discorsi di… secondo me, io così l’interpreto di pazzi, di pazzi da legare e però è  bene che si sappiano perché quanto meno uno sa con chi ha…

 

Sembra che il pm non abbia preso in considerazione quel “dice” che, con ogni probabilità, è riferito ad uno dei due tizi intercettati. I quali però, parlando di Lorenzo Cimarosa, usano il termine “fradiciume”, che è comunque un sinonimo di “fango”.

 

Il pm della Dda Padova chiede poi a Vaccarino, in videoconferenza dal carcere di Catanzaro, che cosa ha detto a Vincenzo Santangelo.

Ho esplicitato richiesta sul linguaggio di questi due sconosciuti – ha risposto l’ex sindaco - e chiesto se potessero rappresentare motivo di preoccupazione per me e per Giuseppe Cimarosa (figlio di Lorenzo, ndr). Io temevo di subire un attentato. Ho parlato con Santangelo perché vivo con la paura di essere ucciso”.

Santangelo era imputato nello stesso processo in cui Vaccarino venne condannato per droga (dopo che l’accusa di mafia era caduta in secondo grado). Oggi per l’ex sindaco è in corso il processo di revisione al Tribunale di Catania.

 

Ma nell’udienza precedente era stato sentito anche Giuseppe Cimarosa, che ha dichiarato di aver percepito la solidarietà di Vaccarino sin da quando suo padre aveva cominciato a collaborare, in un periodo in cui l’isolamento da parte dei castelvetranesi era molto forte.

Una vicinanza che più volte si sarebbe trasformata in aiuto concreto, per esempio in delle sedie messe a disposizione da Vaccarino per gli spettacoli equestri, ma non solo: “Quest’estate che io ho avuto… sono stato male di salute – aveva aggiunto Giuseppe Cimarosa – e lui l’ha saputo, si è preoccupato e addirittura è venuto a casa a trovarmi…”.

 

Poi c’è il mistero della mail. Quella mail con gli screen delle intercettazioni che arriva all’indirizzo di posta elettronica di Vaccarino.

Non c’è infatti l’assoluta certezza che sia stato Zappalà ad inviarla. E non si è potuto nemmeno risalire all’IP.

Perché? E’ passato troppo tempo.

Certo, nella prima interrogazione di garanzia, il colonnello aveva dato per scontato di aver inviato lui quel messaggio. Poi però ha capito che “non potevo aver fatto quell’errore”.

Anche perché “nel 2017 – aveva sottolineato l’ufficiale dell’Arma – ho avuto un incidente con la moto e ho subito un trauma cranico che mi ha provocato qualche problema alla memoria”.


Ma se non è stato il colonnello, chi avrebbe inviato quella mail a Vaccarino?

Qualcuno che certamente, oltre alle capacità ne avrebbe avuto anche l’interesse – ha affermato l’avvocato difensore di Zappalà Claudio Gallina Montana – violando il suo account di posta elettronica. Forse per impedire le indagini che in quel momento il colonnello stava facendo, mettendolo in difficoltà”.

 

Ed infine il mistero delle “istigazioni” sull’invio delle intercettazioni.

Secondo l’accusa, Zappalà avrebbe istigato l’appuntato Barcellona affinché gliele mandasse. E Vaccarino avrebbe istigato Zappalà a fare altrettanto.

In entrambi i casi però non ci sono elementi a sostegno di quest’ipotesi, almeno non nelle intercettazioni telefoniche.

Sempre l’avvocato Gallina Montana ci dice:

Non ci sono telefonate tra i due militari a ridosso dei due messaggi contenenti gli screen delle intercettazioni. La scientifica ha controllato anche le telefonate whatsapp e, nei giorni precedenti all’invio delle foto, non ne sono state trovate. Sin dall’inizio, Barcellona ha ammesso di averle mandate di sua iniziativa, consapevole anche di quanto fossero inutili ad una vera ricerca del latitante”.

Ad ogni modo, i vertici dell’Arma dei carabinieri hanno reintegrato in servizio l’appuntato scelto ancora prima della conclusione del processo. Attualmente svolge il suo servizio a Palermo ed è in attesa di essere trasferito in una sede della Sicilia orientale.

 

Però, l’estate scorsa avevamo chiesto a Vaccarino se dopo aver ricevuto quella mail, avesse mai pensato di chiamare Zappalà e chiedere il perché di quell’invio. Ci aveva risposto che non ha sentito il bisogno di farlo, perché non aveva attribuito a quella mail la stessa importanza che gli avevano dato poi gli inquirenti.

Alla fine, questa di Vaccarino e dei due carabinieri rimane ancora una vicenda con troppi buchi. E per l’ex sindaco di Castelvetrano, la cui vecchia condanna per droga  dopo l’udienza del prossimo 18 giugno in cui sono previste le repliche dei pm, il processo potrebbe  concludersi ai primi di luglio.

 

Egidio Morici