“Non fu tentato omicidio, ma lesioni colpose. Un reato, comunque, per il quale non si può procedere perché manca la querela della parte offesa”.
E’ quanto ha stabilito la terza sezione della Corte d’appello di Palermo nel processo al 22enne marsalese Francesco Dardo, che il 28 maggio 2019 era stato condannato dal gup di Marsala Annalisa Amato ad otto anni e otto mesi di carcere per tentato omicidio e detenzione e porto abusivo di arma da fuoco.
In secondo grado, però, il colpo di scena. Con il 22enne marsalese, difeso dall’avvocato Massimiliano Tranchida, ritenuto colpevole soltanto per la detenzione dell’arma e per questo condannato a un anno e 10 mesi. Una bella differenza con la pena subita in primo grado. Inoltre, a Dardo sono state revocate la misura cautelare relativa all’accusa più grave e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale per la durata della pena. Dopo la lettura della sentenza d’appello, l’avvocato Massimiliano Tranchida ha naturalmente esternato la sua “soddisfazione”. La Corte d’appello ha condiviso, di fatto, la tesi secondo cui il colpo di pistola fu esploso accidentalmente nel corso della lite che Dardo ha avuto con il 51enne operaio marsalese Antonino Mistretta. Anche sul punto si potrà avere certezza solo leggendo le motivazioni, che saranno depositate entro 90 giorni. Per l’accusa, invece, la sera del 3 novembre 2018, in vicolo Celso, Dardo avrebbe premuto volutamente il grilletto, ferendo gravemente al collo il Mistretta. L’uomo, dopo le prime cure al Pronto soccorso di Marsala, fu trasferito d’urgenza a Palermo e ricoverato, con prognosi riservata sulla vita, per poi essere operato per la rimozione del proiettile. Non fu la vittima, comunque, a fare il nome di Dardo, che venne individuato da polizia e carabinieri a seguito di indagini. E per questo motivo, Mistretta fu indagato per favoreggiamento. Dalle indagini emerse che alla base della lite ci sarebbe stato un debito non saldato di alcune centinaia di euro che Dardo vantava nei confronti di Mistretta.