"Ogni volta che ci sono indagini su Matteo Messina Denaro si riesce a recidere tutto cio' che gli sta intorno ma, stranamente, non si arriva mai a catturarlo. Il che per la verità è inammissibile in una democrazia come la nostra, avere un latitante da 26 anni. Sono convinto che lo arresteremo a breve e sono ancora più convinto che è un dovere procedere alla sua cattura". Lo dice Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, in un'intervista a Lavialibera, rivista di Libera e Gruppo Abele.
Mafie intercettato affari settore sanità De Raho è convinto inoltre che "l'emergenza coronavirus ha offerto opportunità di business a gruppi criminali e mafie". Le prime evidenze in tal senso "sono state le infiltrazioni delle mafie nell'ambito dell'importazione e del commercio di dispositivi di protezione individuale. In periodo di lockdown i gruppi mafiosi sono riusciti a intercettare affari nel settore sanitario, dai trasporti alla gestione dei rifiuti, operando nei settori dove già possedevano rappresentanze imprenditoriali e competenze maturate durante le emergenze passate". Altre evidenze riguardano il settore dell'usura, "che proprio nelle ultime settimane ha avuto una grandissima crescita, a differenza di altri reati che sono diminuiti", ha detto de Raho, evidenziando inoltre che mafie e imprese hanno esigenze opposte: "Le prime hanno bisogno di collocare liquidità, le seconde di riceverne. Ovviamente i gruppi criminali non vogliono acquistare formalmente le attività economiche, ma soltanto gestirle, mantenendo il titolare formale".
Correnti in passato spazi di cultura Se le correnti diventano centri di potere, capaci di distribuire progressioni di carriera attraverso accordi, allora certo che non dovrebbero esistere. Ma le correnti non sono questo: sono spazi di cultura, in cui si portano avanti delle idee, non luoghi in cui ci si incontra per scambiarsi favori. Non erano così, almeno in passato". Così Federico Cafiero de Raho torna sulla questione Palamara e sulle correnti in magistratura. "Io cominciai a frequentare un'associazione - ricorda - in cui ci insegnavano a essere magistrati, indicandoci linee e confini da seguire. In cui venivano discussi i problemi che potevano emergere nell'esercizio della propria funzione. Era un luogo di formazione, ho imparato molto al suo interno. A leggere le intercettazioni di oggi, invece, si accappona la pelle".