Ha ragione la figlia di Matteo Messina Denaro, quando dice che non vuole rilasciare interviste e che vuole essere lasciata in pace. “Ne voglio rimanere fuori. Basta! Voglio fare la mia vita”, dice da dietro una finestra all’inviato del Tg2 Leonardo Zellino, in un servizio andato in onda pochi giorni fa (guardalo qui).
“Sono una ragazza normalissima come tutte le altre – aggiunge – dovete far finta che io non esista”.
Ogni tanto qualcuno le rivolge quest’attenzione morbosa, giustificata in qualche modo dalla ormai inflazionata richiesta di “presa di distanza” dal boss.
L’ultimo appello è di Roberto Tartaglia, oggi vicedirettore del Dap, fino a poco tempo fa consulente di Morra all’antimafia nazionale.
Nel giugno dell’anno scorso, in un convegno dal titolo “Attualità delle mafie e azione di contrasto dell’antimafia” a Castelvetrano, aveva invitato la figlia di Messina Denaro a pretendere che suo padre “paghi per le sue responsabilità”, dando “anche lei un segnale preciso e chiaro” prendendo esempio “dalla scelta nobile e coraggiosa come quella di Giuseppe Cimarosa e di suo padre”.
Giuseppe Cimarosa, noto per aver convinto a collaborare con la giustizia il padre Lorenzo, cugino acquisito del boss, morto per una malattia nel gennaio 2017, presente anche lui in quell’occasione, intervenne dicendo che da parte della famiglia Messina Denaro non ci sarà mai nessun appello al latitante a costituirsi, “perché si credono vittime, che ci sia una regia al di sopra di tutto che vuole loro male.”
Ma dice anche dell’altro Giuseppe Cimarosa, che in qualche modo fornisce la misura di qualcosa di più che la mancanza di una scelta di campo forte da parte della città:
“E’ successo che un arrestato per mafia, con un profilo facebook attivo, ha scritto delle lettere in cui attacca mio padre dicendo cose terribili. Ma attacca pure me. La cosa gravissima è che 200 persone di Castelvetrano hanno lasciato delle reazioni positive di solidarietà. A me, tutti questi gesti di vicinanza non sono mai arrivati quando è morto mio padre, oppure dopo, quando gli hanno distrutto la lapide”.
Insomma, inutile girarci attorno, la conseguenza principale della scelta di Giuseppe Cimarosa ha prodotto per la maggior parte soltanto isolamento.
Ecco perché, la figlia di Matteo Messina Denaro ha tutte le ragioni di questo mondo quando chiede di essere lasciata in pace.
Davvero una comunità che non è ancora riuscita a prendere pienamente le distanze dal capomafia (tranne i pochi, tendenzialmente isolati) può pretendere che a farlo debba essere una ragazza di poco più di vent’anni?
Certo, si dirà, potrebbe essere da esempio per l’intera cittadinanza. Funzionerebbe?
L’esempio di Cimarosa non ha funzionato, nonostante dalla sua parte ci sia anche la mamma, la nonna, il fratello…
Allora perché dovrebbe farlo?
Forse perché un altro appello le era stato rivolto dal senatore Beppe Lumia?
Nel 2016 Lumia aveva invitato pubblicamente la figlia del boss a convincere il padre a collaborare con lo Stato, “sull’esempio di Peppino Impastato – aveva detto - per far sì che il territorio sia finalmente libero anche dall’omertà mafiosa familiare e sia messo in discussione finalmente il consenso al sistema mafioso che verte intorno a Messina Denaro”.
D’accordo, Borsellino aveva detto che “se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. Onestamente però, pretendere che a fare da apripista debba essere proprio la figlia del capomafia, ne passa.
Soprattutto perché, in questo caso, a fare la proposta è lo stesso Lumia che partecipava al cerchio magico della finta antimafia di Antonello Montante. Anzi, secondo la testimonianza di Musumeci, ne era proprio il regista.
La figlia di Matteo Messina Denaro non ha alcuna colpa delle malefatte del padre. Vuole rimanerne fuori e vuole farsi la sua vita.
Davvero crediamo sia giusto pensare di caricarla dei nostri fallimenti?
Egidio Morici