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23/08/2020 06:00:00

Gli orrori del fanatismo antiabortista

di Massimo Jevolella

Insieme al razzismo, alla xenofobia e all'omofobia, il fanatismo antiabortista fa parte di quella costellazione di sentimenti che da tempo rappresentano nel modo più chiaro l'ideologia dei movimenti dell'estrema destra ultrareligiosa e neofascista in tutto il mondo. Si tratta in realtà di una ben più vasta galassia reazionaria, che ingloba i seguaci di varie forme di oscurantismo – i creazionisti antidarwiniani ne sono solo un esempio – e la cui stella polare in politica si suole ormai indicare nel cosiddetto sovranismo: ideologia che altro non è se non una smaccata riedizione del vecchio nazionalismo, troppo screditato dalle catastrofi storiche per riproporsi oggi con lo stesso nome.

Ma perché ora il nostro obiettivo si focalizza proprio sul fenomeno dell'antiabortismo estremista? Perché negli ultimi giorni si sono verificati degli episodi che hanno messo in risalto la paurosa carica di odio che questo sentimento è capace di generare. L'ultimo e il più clamoroso di questi fatti è avvenuto in Brasile giovedì scorso. Protagoniste, una donna di 28 anni e una bambina di 10. La donna, una scatenata attivista politica che ormai è considerata la leader del fronte antiabortista nel suo Paese, si fa chiamare Sara Winter, anche se il suo vero nome è Sara Fernanda Giromini (un cognome di origine italiana, proprio come quello, purtroppo, del famigerato premier brasiliano Jair Bolsonaro, che lei, manco a dirlo, adora e sostiene).

Della bambina, ovviamente, il nome è segreto, ma in compenso se ne conosce bene la tristissima storia. Vive in una cittadina dello stato di Espirito Santo, in una condizione di estremo degrado sociale e morale. Ha uno zio, un orco pedofilo, che da quattro anni la sottopone a sevizie sessuali. Poi un giorno lei comincia ad accusare dei dolori all'addome. Si scopre che è incinta. Una gravidanza impossibile, che mette a rischio la sua vita. La legge brasiliana è fortemente restrittiva in tema di aborto, ma in questo caso il giudice può dare l'assenso all'intervento. La piccola viene perciò trasferita nell'ospedale di Vittoria, ma nel frattempo il suo caso fa notizia, ed è qui che come un avvoltoio irrompe sulla scena Sara Winter. La fanatica comincia sui social a vomitare insulti e minacce contro il medico che si appresta all'aborto, al punto da rendere necessario il trasferimento della bambina, in segreto, nell'ospedale di Pernambuco, molto distante da Vittoria.

Ma l'implacabile Sara ha i suoi zelanti informatori. Tra loro c'è addirittura Damares Alves, la ministra della Famiglia, della Donna e dei Diritti umani, anche lei un'accesa estremista di destra (cosa c'entrino poi i diritti umani con l'estrema destra, è un mistero tutto da chiarire). E così Sara può volare subito a colpo sicuro a Pernambuco, dove organizza il solito tam-tam di odio sui social, raccoglie intorno a sé un gruppo di militanti antiabortisti, e brandendo la Bibbia tenta, urlando slogan deliranti, di penetrare nell'ospedale per impedire l'aborto sulla bambina. Solo in extremis un intervento della polizia riesce a bloccarla, evitando così una possibile tragedia.

Questa storia fa inorridire. Che dire del comportamento di Sara Winter, se non che si tratta di una delle peggiori espressioni dell'idiozia e della malvagità umana? Qui non stiamo discutendo del sacrosanto diritto che hanno le religioni a proclamare i loro principi morali, sia ben chiaro. Qui non è più il caso di discutere di idee o di ideologie, di vita o di non vita: nel caso dell'accecamento fanatico è la violenza pura a dominare la scena, e a lasciarci senza parole nello sgomento.

E in Italia? Stendiamo un velo pietoso su recenti episodi particolari, più o meno macabri o grotteschi (basti pensare all'incredibile delibera approvata quasi a maggioranza dal Consiglio comunale di Marsala lo scorso 12 agosto per l'istituzione di un “Registro dei bambini mai nati”). Quello che è certo, è che anche nel nostro Paese, come dimostrò in modo impressionante il famoso “Congresso mondiale delle famiglie” svoltosi a Verona nell'aprile del 2019, esistono persone convinte che per “difendere la vita” si debba cercare di ostacolare con ogni mezzo l'applicazione della Legge 194, ossia quel complesso di norme che dal maggio del 1978 – e poi con il Referendum del 1981, che confermò la legge con il 68 per cento del consenso popolare – hanno introdotto in Italia il diritto all'interruzione volontaria della gravidanza, liberando le donne da un incubo che durava da secoli.

Vogliamo infatti ricordare quello che accadeva in Italia prima del 1978, quando una donna si sentiva costretta, per ragioni di salute fisica o psicologica, ad abortire? È bene ricordarselo, perché al giorno d'oggi si sta lentamente cancellando la memoria di quell'epoca ormai lontana. Questo è quello che accadeva: le donne benestanti prendevano un aereo e andavano ad abortire a Londra, dove in belle cliniche si sottoponevano all'intervento in anestesia e in totale sicurezza sanitaria. Mentre le donne povere o meno abbienti – e cioè la maggioranza – si affidavano ai terribili ferri da calza clandestini delle famigerate “mammane”, o trangugiavano in casa loro degli orrendi decotti di prezzemolo per provocare l'emorragia uterina: mettendo a serio rischio, in entrambi i casi, la loro stessa vita.

C'è poi da aggiungere che a quei tempi la pratica dell'aborto – insieme a quella, ovviamente, dell'abbandono dei neonati alle “ruote” dei conventi e agli orfanotrofi – era molto più diffusa di quanto non lo sia oggi, per la semplice ragione che allora si usava ancora pochissimo la contraccezione.

Alla luce di questa realtà, e al di là di ogni disquisizione teologica o scientifica, anche solo un minimo di raziocinio può farci comprendere quindi come la Legge 194 altro non sia che un provvedimento di semplice buon senso, oltre che di umana pietà. Spegnere nel grembo la prima scintilla di una vita è sempre una tristissima azione, che nessuna donna, tranne in rari casi di incoscienza totale, ha mai deciso e affrontato a cuor leggero. L'aborto è una extrema ratio, a cui in teoria non si dovrebbe mai arrivare. Un conto è però la teoria, un altro è la vita con tutti i suoi drammi infiniti. Ma il fanatismo ideologico, in tutto questo, è solo uno sfregio, una violenza, una gogna inutile e crudele il cui risultato può essere solo quello di aggiungere dolore al dolore.