Nuove dichiarazioni e intrecci con la mafia tengono ancora aperto a nuovi sviluppi l’enorme file dell’inchiesta “Sorella Sanità”, che a maggio ha portato in carcere l’ex manager dell’Asp di Trapani Fabio Damiani. Un’inchiesta che ha svelato un gran giro di mazzette e corruzione nel campo della sanità.
A parlare con gli inquirenti già da tempo è Salvatore Manganaro, di Canitcattì, faccendiere, anche se si definisce “imprenditore”, in affari con Damiani.
Manganaro, uno dei dieci arrestati dell'operazione "Sorella sanità" si ritaglia il ruolo di manovratore di appalti e tangenti. Si dichiara pentito ("Quando tutto finirà seguitò la rettitudine", dice). Damiani, insieme ad Antonio Candela, l'altro manager arrestato mentre era commissario per l'emergenza Covid in Sicilia, ha gestito appalti per 600 milioni di euro. Damiani, ex coordinatore della Centrale Unica di Committenza, ha già confessato di aver preso una mazzetta, circa 100.000 euro.
Raccontiamo qui l’episodio.
Ma verbale dopo verbale Manganaro sta raccontando ai magistrati della Procura di Palermo molte vicende nuove nel grande giro della corruzione in Sicilia. Ci sono dichiarazioni ancora top secret che Manganaro starebbe rendendo ai magistrati per riuscire a convincerli di essere affidabile e soprattutto guadagnarsi l’uscita dal carcere. Già i primi verbali erano forniti di nomi di politici, affaristi, burocrati. Nonostante le prime e abbondanti dichiarazioni i magistrati palermitani avevano espresso parere negativo sulla sua scarcerazione.
Le nuove dichiarazioni, però, sono fornite di nuovi particolari che vanno oltre all’ammissione di aver ricevuto 100 mila euro da Crescenzo De Stasio, manager della Siram, per pilotare un appalto. Soldi che avrebbe diviso con Damiani.
Come riporta Live Sicilia, tra le cose che Manganaro sta chiarendo nei nuovi interrogatori ci sarebbe la storia dei bigliettini scoperti dagli agenti del carcere di Agrigento dove è detenuto.
In particolare durante i colloqui con i familiari sono trovati rinvenuti due bigliettini con messaggi in codice. In uno c’era un codice fiscale e il numero di una carta di credito. Nel secondo, definito “inquietante” da chi indaga, c’erano iniziali e date di nascita. Si indaga anche sull’archivio segreto di Manganaro, che conterrebbe nomi, progetti, registrazioni, e una sorta di contabilità della corruzione nella sanità.
Nell’inchiesta, però, fa capolino anche la mafia. Il sito palermitano riporta di alcune conversazioni tra il capomafia di Villabate Francesco Colletti e il suo uomo di fiducia Filippo Cusimano. I due discutono di una serie di incontri programmati o da programmare con altri mafiosi. Citano ad esempio Franco Picone della Noce, Filippo Bisconti di Belmonte Mezzagno e un personaggio la cui identità è da chiarire: “… c’è solo Nunzio… ed è per il discorso degli appuntamenti”.
E’ il maggio 2018, e viene registrato questo dialogo. Cusimano: “… allora… casomai io non ci sono…”. Colletti: “Perché?”. Cusimano: “C’è la ditta che lavora dentro l’ospedale… si chiama questa PFE…. PFE… ditta questa delle pulizie che è di Caltanissetta.. questo si chiama Navarra per vedere se lui ha qualche contatto là…”. Navarra è Salvatore Navarra, uno degli arrestati nel blitz Sorelle Sanità, che ha confessato di aver promesso una tangente da 750 mila euro a Manganaro, in campo per conto di Fabio Damiani, e che sarebbero serviti per consentire alla società Pfe, di cui è presidente, di non venire tagliata fuori dall’appalto delle pulizie negli ospedali siciliani. Un maxi appalto da 227 milioni di euro che faceva gola a molti. Forse anche alla mafia?