Ma davvero qualcuno vuole riempire in gran segreto la provincia di Trapani di scorie nucleari? Non è esattamente così. Anzi, terminati i giorni di indignazione, le convocazioni di comitati e l'avvio di petizioni, calmate le acque, raccontiamo come stanno le cose, con calma. Per scoprire che, forse, è proprio l'opposto di come ce la siamo raccontata in questi giorni.
Una delle prime cose che si è detto, che hanno detto tutti, dal Sindaco di Marsala, Massimo Grillo, a quello di Trapani, Giacomo Tranchida, fino a Matteo Salvini è che il governo ha pubblicato la carta delle aree idonee per il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi “senza consultare regioni e comuni”. Analizzando la vicenda, è successo esattamente il contrario: il governo ha pubblicato l'elenco delle aree idonee proprio per avviare una consultazione pubblica. Tra l'altro la carta esisteva dal 2014, predisposta dalla Sogin. Da allora, ben quattro governi l’hanno tenuta nel cassetto.
Non è vero che la mappa indica siti dove mettere le scorie nucleari. La mappa si limita a indicare aree, in tutto il Paese, dove (dopo uno studio approfondito) non sono emerse controindicazioni a localizzare il deposito. Quindi, come funziona? C'è questa mappa, di possibili siti candidati, e, al termine della consultazione, verrà fatta la selezione.
Tutto è consultabile nel sito della Sogin. Tutto pubblico. Nella "Procedura_Risultati_Classificazione_Aree.pdf", pag. 36 viene presentato un quadro sinottico con la classificazione dei siti individuati come "idonei" ad accogliere il Deposito. Le due aree ricadenti in provincia di Trapani, TP-9 e TP-11 (Trapani e Calatafimi Segesta) sono classificate come Classe C. Ciò significa che le probabilità che l'impianto venga realizzato in Sicilia sono molto basse. Le aree ricadenti in Classe A1 sono le candidate più probabili.
Va fatta una considerazione politica. Perchè i Cinque Stelle, forza di governo, sono noti per la facilità con cui cavalcano temi populisti, anche e soprattutto in materia ambientale. Gli va dato atto, invece, questa volta di aver fatto una cosa razionale: informare la popolazione su un fatto, non nascondere la testa sotto la sabbia (o le scorie).
Nel resto d'Europa i territori fanno quasi a gara per ospitare un deposito di scorie nucleari (sulla cui sicurezza i motivi di preoccupazione sono nulli). Perchè? Perchè ci sono tantissimi incentivi, e anche un indotto notevole. Il deposito, infatti, è un'infrastruttura capace di occupare 20.000 persone nei quattro anni di costruzione previsti e 700 persone a regime. E' situato all'interno di un parco tecncologico per cui si prevede un investimento di due miliardi. Soldi che già ci sono: infatti,nella bolletta della luce che ci arriva a casa sono già compresi gli oneri per questa infrastruttura. Che è obbligatoria. L'Italia se non si doterà a breve del deposito rischia di pagare multe salatissime, ed è già in infrazione. Tutto è ben spiegato nel sito dedicato che si chiama www.depositonazionale.it
Attualmente, infatti, i rifiuti radioattivi sono dispersi in più di cento siti, in maniera precaria. E non è vero che si tratta di rifiuti delle centrali nucleari dismesse. Il 40% viene da attività sanitarie, industriali e di ricerca. I rifiuti radioattivi in questione sono quelli a media e bassa intensità, prodotti dalla nostra vita quotidiana: reagenti farmaceutici, diagnostica e terapie nucleari, radiografie industriali, tracker biomolecolari, ceneri di carbone, teste di parafulmine, rilevatori di fumo che lampeggiano sul soffitto, ecc.
Il deposito sarà un luogo di massima sicurezza. Nel deposito nazionale, il rifiuto radioattivo (dopo essere stato, in altro luogo, caratterizzato, isolato e trattato, per ridurre le quantità) verrà immobilizzato dentro ben cinque barriere di difesa impermeabili e resistenti a ogni incidente. Sarà al sicuro per 300 anni (il tempo di perdere del tutto la propria radioattività).
Il deposito più grande del mondo è quello della Francia, e si trova nella Regione a sud est del Paese dello Champagne.E la comunità beneficia, oltre che di un'occupazione stabile per 700 persone, anche di 13 milioni di euro l'anno. Qui potete leggere un articolo di Avvenire addirittura del 2015. All'inizio la comunità dei 21 Comuni circostanti, circa 3mila persone, si oppose e attraverso un referendum, l'80% della popolazione disse no. Un risultato che, dopo un campagna informativa e un confronto continuo con il territorio, è stato completamente ribaltato.
"È già incredibile dover arrivare praticamente ultimi in Europa a dotarsi una infrastruttura di questo tipo - commenta il comitato Nucleare e Ragione -. Vedere come si stanno sollevando le barricate è sconfortante, benché prevedibile. Ma noi non molliamo e come associazione faremo la nostra parte affinché questa sfida culturale e civile venga vinta".
Qui invece un post con molte spiegazioni tratto dalla pagina "La Fisica che non ti aspetti".