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12/01/2021 13:00:00

Quando suona la campanella?

di Katia Regina 

Cominciamo questo nuovo anno con un po' di sano pessimismo. Gli argomenti non mancano, basta sceglierne uno a caso tra i tanti che hanno fatto da sfondo a questo nuovo inizio. Escludo il caso Trump, ha fatto tutto da solo, la storia lo ricorderà non solo per quel gatto morto che indossa sulla testa, ma anche per aver fomentato l'attacco alle istituzioni da parte dei Village People. Di pandemia si parla già abbastanza, così come dei vaccini.

Voglio parlare di scuola, un argomento strettamente legato alla crisi sanitaria per via della didattica a distanza, ma non solo. E visto che se ne parla tanto sarebbe interessante aggiungere, alla grande discussione, un aspetto che nessuno vuole proprio affrontare. Al di là delle misure necessarie per contenere i contagi, il vero problema della scuola è ben più serio, esiste da molto prima della pandemia e, temo, esisterà anche dopo. Insegnare implica una concetto preciso, lo dice la stessa etimologia della parola, ossia, lasciare il segno. Quanti insegnanti sono in grado di farlo? Poniamo questa domanda a noi stessi, tra tutti gli insegnanti che abbiamo avuto, quanti di questi sono riusciti a lasciare un segno in noi? Uno barra due, forse meno.

Sia ben chiaro che non intendo certo colpevolizzare tutta una categoria, anche quelli che non hanno il dono, la capacità, il carisma... per lasciare un segno ai propri studenti, anche loro si impegnano, e fanno quello che possono, purtroppo sono la maggioranza. Trasferire i saperi non è sufficiente, suscitare il desiderio del sapere è la sola vera strada maestra per cambiare questa istituzione, lo diceva già Socrate che ha fondato il metodo della didattica. Recalcati parla di erotizzazione del sapere, erotica dell'insegnamento. Ecco il punto focale. Massimo Recalcati ha vissuto sulla sua pelle la disfatta scolastica, bocciato per ben due volte, veniva considerato, dai suoi insegnanti, una sorta di cretino. Questo particolare lo accomuna ad un altro grande, Daniel Pennac.

Ebbene, ora sappiamo tutti che Recalcati non è un cretino, la scuola, dice l'autore, è il luogo degli incontri, la vita di ciascuno si forma attraverso gli incontri, ecco perché non può esistere la didattica a distanza. Senza corpi non c'è didattica. Allo stesso tempo la sola presenza fisica non è sufficiente per creare una relazione autentica, a fare la differenza è lo stile dell'insegnante, la sua capacità di trasformare un libro in un corpo desiderabile, in altre parole, saper attivare nello studente il desiderio di conoscere, toccare quel libro... creare un appuntamento amoroso. Quanti insegnanti sono in grado di fare questo miracolo? Come vengono selezionati gli insegnanti? Solo per quello che sanno. È sufficiente? Non credo, e il risultato è sotto gli occhi di tutti. La soluzione a questo problema potrebbe essere una futura selezione della classe docente, meno tecnologia e astratte competenze specifiche e più carisma personale, capacità relazionali che vadano oltre il sapere, senza per questo trascurarlo.

Il mio pessimismo iniziale si concretizza in questo aspetto, certe caratteristiche non si imparano durante un corso di perfezionamento, o ci sono o non ci sono. In questo periodo gli studenti hanno dimostrato di essere ben coscienti della necessità delle relazioni, mai si era visto uno studente scendere in piazza per poter tornare a scuola, sono più avanti di quanto si potesse immaginare. Ora tocca a noi, alle istituzioni, approfittare di questa crisi, trasformarla in un vero cambiamento, un'opportunità per dare una svolta decisiva ad una situazione stagnante e deprimente. Niente più scuse, ora ci sarebbero pure i fondi. Quale ministro dell'istruzione avrà il coraggio di affrontare questa questione?

Nel frattempo suggerisco due libri imperdibili che sviscerano il problema:
L'ora di lezione, per una erotica dell'insegnamento di Massimo Recalcati
Diario di scuola di Daniel Pennac