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27/01/2021 08:41:00

L'arte e la corsa

[Riprendiamo uno dei post dello scrittore Mario Valentini sul suo blog di taccuini e appunti. Ve ne proporremo altri, suppergiù ogni dieci giorni. Se desiderate leggere altri suoi scritti, potete cliccare qui]

L’arte di correre di Murakami Haruki è un libro che non sa volare. Non è una metafora. Non intendo che non decolla mai, che non riesce ad avvincere, ad appassionare. Dico proprio che se a un certo punto apri la finestra e lo scaraventi fuori, non vola. E nemmeno, arrivato al suolo, rimbalza. Precipita a terra e lì si ferma. Lo so perché a un certo punto ci ho provato. Ho fatto le foto come documentazione. Un esperimento. Non vola, non rimbalza. Poi non sono andato a recuperarlo, però dopo qualche ora, quando sono uscito di casa per delle compere, non c’era più. So che gli ammiratori di Murakami sono tanti e di certo qualcuno l’ha trovato e se l’è preso. Era uno dei pochi libri di Murakami che gli mancava e ha completato la collezione.

Il libro però, prima, prima che lo lanciassi dalla finestra, mi è stato utile. Ad esempio mi ha confermato che un paio di scarpe da corsa che avevo comprato in un outlet qualche tempo prima di leggere quel libro, era un buon paio di scarpe da corsa anche secondo Murakami. Avendole pagate tutto sommato poco, ho fatto un affarone, questo mi ha confermato. Bene, benissimo, mi sfregavo le mani mentre leggevo L’arte di correre di Murakami Haruki. Poi ho anche imparato delle cose molto sagge. Insomma, non proprio sagge: molto interessanti. Cioé, molto: piuttosto interessanti. Ma forse anche piuttosto è un avverbio esagerato.

Ad esempio ho imparato che se vai in bicicletta e sei in discesa e c’è la strada bagnata, se c’è una curva stretta e pieghi troppo la bici scivoli e cadi. Se invece non fai bene la curva e vai dritto, se per caso c’è un muro ci vai a sbattere. Questo l’ho imparato a pagina 116. Mentre a pagina 41 ho imparato quest’altra cosa interessante: che “ognuno di noi ha cose per cui è portato, e cose per cui non lo è. Uno è portato per la maratona, un altro per il golf, e un altro ancora per il gioco d’azzardo”. Accidenti! – ho pensato quando ho letto questa parte – non mi era mai venuto in mente, guarda quante cose interessanti si scoprono leggendo L’arte di correre di Murakami Haruki.

Subito dopo però mi è venuta quell’idea di fare l’esperimento del lancio del libro dalla finestra e per il fatto di assecondare troppo la mia innata passione per la scienza non ho più potuto imparare niente da L’arte di correre di Murakami Haruki. Pazienza. In compenso però sono andato in libreria e mi sono consolato comprando La solutidine del maratoneta di Alan Sillitoe, un libro da cui non so quanto ci sia da imparare ma che ho trovato davvero bello. Lo consiglio.

Per il resto che dire? Anch’io corro. Ma non conosco l’arte di correre. D’altra parte Murakami Haruki fa le maratone e le gare di triathlon, io più modestamente faccio i dieci km e ogni tanto vado a nuotare oppure in bicicletta, che non è esattamente la stessa cosa.

E allora, non conoscendo l’arte di correre, ma considerando che comunque, per quanto poco e lentamente, corro, ho pensato di compensare l’arte, che mi manca, andando a correre alla Cala di Palermo, in riva al mare, partendo dal porticciolo turistico e piegando verso est, fino a raggiungere un grande prato posto sul lungomare noto come il prato del Foro Italico, fino a raggiungere un altro porticciolo chiamato Sant’Erasmo. Lì, in quel tratto di costa, tra la Cala e Sant’Erasmo, ci sono almeno due cose che hanno a che fare con l’arte. E nello specifico con l’arte contemporanea. All’arrivo, al porticciolo Sant’Erasmo, c’è un grande murale di un pittore che si chiama Igor Scalisi Palminteri, dedicato appunto a Sant’Erasmo, protettore dei pescatori e dei marinai. Il santo ha la barba, tiene in mano dei remi e indossa un giubbotto salvagente.

Alla partenza invece c’è un’ape bianca con tante cassette della frutta sopra. Pensavo fosse un’opera di Andrea Di Marco, un pittore che mi è sempre piaciuto molto. Poi ho scoperto che è più che altro un’opera a lui dedicata. Andrea Di Marco in effetti ha dipinto molte volte delle api piaggio con cassette della frutta impilate sopra. Pare fosse un suo desiderio realizzare prima o poi un’ape imbiancata come fosse un monumento da piazzare in città. E così, dopo la sua morte, l’hanno messa su e gliel’hanno dedicata, collocandola in un posto davvero bello. Ed è grazie a questo che anch’io andando a correre lì, senza nemmeno far la fatica di scrivere dei libri, riesco magnificamente a conciliare l’arte e la corsa. Spessissimo, quasi ogni giorno.

[notizie dettagliate su Andrea Di Marco le ho trovate sul sito Archivio Andrea Di Marco, che si può visitare andando qui: https://www.archivioandreadimarco.org]