Uno studio della biologa Trapanese Maraiangela Ruggirello conferma la pericolosità anche per l'uomo del Gambero della Louisiana.
Il Procambarus Clarkii, meglio conosciuto come Gambero della Louisiana, nonostante la prelibatezza della sua carne, può essere molto dannoso per la salute degli esseri umani ed anche per quella degli animali: può accumulare metalli pesanti e tossine nei suoi tessuti - in particolare nell’epatopancreas. Rappresenta anche un pericolo per l’ecosistema: infatti l’introduzione di specie aliene invasive rappresenta uno dei maggiori rischi per la conservazione della biodiversità, e per questo le progressive introduzioni della specie costituiscono una delle principali emergenze ambientali e sono considerate dalla comunità scientifica internazionale la seconda causa di perdita di biodiversità su scala globale.
A rivelarlo sono diversi studi realizzati dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale dell’Umbria e, non ultimo, il lavoro di una tesista trapanese a Perugia, Mariangela Ruggirello, laureata in scienze biologiche. Leggendo lo studio, P. Clarkii può veicolare diversi patogeni appartenenti al genere Francisella, Vibrio, Listeria e Spiroplasma, con dei sintomi clinici che possono variare a seconda della virulenza del microrganismo, dalla modalità d’ingresso e dalla dose infettante; bisogna sempre considerare quello che viene definito rapporto ambiente-patogeno-ospite, poiché il sistema immunitario e quindi le condizioni di salute preesistenti giocano un ruolo fondamentale e da soggetto a soggetto possono cambiare le percentuali di rischi. Non solo ha un effetto negativo sull’uomo, ma anche sui suoi simili: è portatore sano di Aphanomyces astaci che causa la cosiddetta ‘peste del gambero’, causando la morte delle specie locali.
Come già detto, il Procambarus Clarkii può accumulare metalli pesanti nocivi all’uomo. “Bisogna considerare anche che alcuni metalli, se assunti a basse dosi, sono essenziali per l’organismo, ma diventano tossici se vengono assunti in concentrazioni elevate poiché sono soggetti a bioaccumulo e biomagnificazione- sottolinea la tesista. I livelli massimi ammissibili negli alimenti di tre metalli pericolosi quali il piombo, il mercurio e il cadmio vengono stabiliti dal regolamento (CE) N. 1881/2006. Nei crostacei ognuno di questi tre elementi non deve superare la concentrazione di 0,5 mg / kg di peso fresco. Un ulteriore problema legato al consumo di P. clarkii è legato alle sue abitudini alimentari, determinando così anche la presenza di cianotossine".
“Gli esemplari di questa specie si possono nutrire, infatti, di cianobatteri, alghe microscopiche che hanno la capacità di produrre tossine – evidenzia Ruggirello. Alla luce di queste osservazioni è preferibile che la sua cattura per fini alimentari avvenga solo in acque di buona qualità e, dove non possibile, bisogna essere consapevoli dei rischi legati al suo consumo quindi è opportuno sensibilizzare quanti accidentalmente o intenzionalmente vengano in contatto con questi crostacei d’acqua dolce a prestare particolare attenzione nella loro manipolazione; inoltre, a tutti coloro che intendessero cibarsi delle loro carni si raccomanda di assicurare una adeguata cottura in modo da ridurre al minimo i rischi dovuti alla presenza di vibrionacee eventualmente presenti sul prodotto sia per contaminazione crociata che per diretta presenza nel tessuto muscolare - conclude -. Il mio desiderio, oltre che un invito a proseguire degli studi in merito all’argomento vuole essere anche una promozione tra i giovani della ricerca, della riflessione e del dibattito sulla scienza e sui rapporti tra questa e la società. Parlo di giovani perché partendo dalla giovane età è possibile trasmettere il fascino della ricerca scientifica e opporsi alla disaffezione dello studio delle materie scientifiche; bisogna dare ai giovani maggiore consapevolezza nella scelta del loro futuro".