Entra nel vivo con l'udienza di oggi, 29 Marzo, il processo all'ex Vescovo di Trapani Francesco Miccichè, accusato di peculato: si sarebbe impossessato dei fondi della Diocesi provenienti dall'"8 x mille" versato dai contribuenti con la dichiarazione dei redditi. I fatti risalgono al 2007: secondo la Procura il Vescovo aveva due conti bancari (uno destinato alla carità, l'altro alle esigenze di culto) da cui avrebbe sottratto le somme. Le verifiche dei pm hanno riscontrato come buona parte delle attività che avrebbero dovuto essere attuate con i fondi dell'8 per mille, così come previsto dai rendiconti ufficiali, non siano mai state effettuate.
In questi due conti correnti tra il 2007 e il 2011, confluirono quasi 5 milioni di euro: 1.854.013,63 euro nel conto ‘Interventi Caritativi’ e 3.088.801,31 nel conto ‘Esigenze di Culto e Pastorale’. I fondi dovevano essere impiegati “per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettivitaÌ€ nazionale o di paesi del terzo mondo”. Solo di prelievi in contanti (da giustificare) allo sportello, Miccichè si appropriato di più di 200.000 euro.
Nel 2015, gli agenti del Corpo Forestale di Trapani sequestrarono anche dei beni artistici del valore di oltre 3 milioni, custoditi da Miccichè in una villa a Monreale (Palermo)Il caso del peculato è solo l'ultimo di una serie di scandali che ha travolto la Curia trapanese dal 2011 in poi. Nel 2012 Micciché fu il primo Vescovo della storia recente della Chiesa italiana ad essere rimosso dal Papa. Miccichè a sua volta accusò l'ex braccio destro, il direttore amministrativo della Diocesi, Ninni Treppiedi, con una serie di accuse gravi poi rivelatesi infondate. Nell’ambito delle indagini inoltre emerse l’acquisto di un appartamento a Roma, in zona Barberini sul quale la Diocesi ha fatto chiarezza: "L’immobile è un appartamento di proprietà ed esclusiva pertinenza della diocesi di Trapani”, si legge in una nota diffusa dalla stessa Curia. “Sin dal momento dell’acquisto e fino a poco tempo fa – viene precisato –, è stato adibito a casa di studio per sacerdoti e seminaristi impegnati nelle specializzazioni presso le Università pontificie e, in casi particolari, all’ospitalità di singoli o famiglie della diocesi per specifiche e gravi esigenze di salute. Dallo scorso anno, conclusa la necessità dell’accoglienza per motivi di studio, l’appartamento è stato, infine, affittato ad un professionista”.
La difesa di Miccichè respinge al mittente le accuse, basate, "su testimonianze di soggetti più interessati a compiacere i propri interlocutori e/o i propri ispiratori, piuttosto che alla verità". Per i legali di Miccichè "il mezzo secolo di servizio sacerdotale, in prima linea contro l’immoralità, la criminalità organizzata e le occulte concentrazioni di potere, è una scomoda eredità, un patrimonio che, secondo alcuni, deve essere disperso". Una tesi, quella del complotto, sostenuta in diverse occasioni da Miccichè, anche quando, nel 2012, fu rimosso dal Papa. Gli avvocati, comunque, sono già riusciti a ridurre l'entità degli ammanci contestati: secondo il pm Sara Morri si sarebbe appropriato di oltre 544mila euro, ma i documenti esibiti dai legali durante l’udienza preliminare e l’intervenuta prescrizione stabilita dal gup Samuele Corso, per i fatti precedenti al 7 ottobre 2017, ha ridotto l'entità degli ammanchi a "solo" 300.00 euro.