C’è un dialogo che spinge il nuovo segretario del Pd, Enrico Letta, verso Italia Viva. Sono stati quaranta minuti al Nazareno di confronto ma anche di punti fermi. Matteo Renzi ha ribadito il muro contro il Movimento Cinque Stelle, mentre Letta ha invece aperto ai pentastellati considerandoli degli alleati di cui non poter fare a meno. I dem sanno già che l’interlocutore principale non sarà il Luigi Di Maio di turno ma direttamente l’ex presidente del consiglio, Giuseppe Conte, del resto i grillini si sono dimostrati degli alleati coerenti soprattutto con l’idea di voler stare al governo.
Il Movimento diventa a tutti gli effetti un partito con cui stringere accordi e con cui avere un asse politico, anche per le amministrative future. Questo accade sui vari territori.
Letta, che si dice pronto ad allargare la base del centrosinistra anche alle parti sociali, è guardingo verso i renziani.
Chi ne paga il pegno? Gli elettori che vorrebbero non certezze ma chiarezza, quella che dovrebbero fare i partiti politici ignorando, per quanto possibile, sia i sondaggi che i consensi.
Italia Viva dal canto suo dovrebbe indicare una strada da seguire, in Sicilia Decio Terrana, coordinatore regionale dell’UDC, ha dichiarato che sta lavorando alla costruzione di un’area di centro che comprenda Sicilia Futura e IV, una compagine che guarda strettamente al centrodestra.
E’ una contraddizione che i partiti pagano in cabina elettorale. Non è più il tempo delle caselle da occupare perché bisogna consolidare il potere, oggi è il tempo di ricostruire una credibilità che consenta all’elettore di affidare il suo voto a chi mostra idee ferme e concrete.
Cosa farà Letta? Intanto non prescinde da Giuseppe Conte, valido interlocutore e soggetto politico affidabile, sono queste le parole che sussurrano i vertici dei dem, sia per le elezioni amministrative che per le regionali. Il Movimento è in crisi, ha perso parte dei consensi e può solo mettersi in coda al Pd per tentare di scippare qualche deputato in più, ci sono state varie scissioni. I grillini non avevano una estrazione eterogenea, provenivano da sinistra e altri da destra, quest’ultimi sono tutti tornati nelle loro aree di appartenenza.
E mentre la politica discute di alleanze nazionali e regionali l’effetto ottenuto è quello placebo, nessuno parla più degli investimenti infrastrutturali da fare al Sud, sono adesso oltre vent’anni che il Mezzogiorno lambisce senza una via di uscita.
La Sicilia ha collegamenti ferroviari da medioevo, raggiungere Catania da Trapani significa farsi ben 4 ore di autostrada e anche qui le falle sono tantissime. Sulla A29 che collega Mazara del Vallo a Palermo non c’è nessun autogrill, un’area di sosta adeguata, la galleria di Segesta, dopo anni, è ancora ad una corsia con lavori interminabili. Per non parlare della manutenzione.
Della Sicilia si è sempre parlato di un’isola dal facile e naturale sviluppo turistico, quasi un laboratorio ma senza una accurata strategia e senza tutti i servizi necessari sarà davvero difficile che si possa godere di questo laboratorio.
La bellezza da sola non basta, servono i collegamenti anche per gli aeroporti, spesso lasciati ad ogni singolo individuo che, una volta sbarcato non può fare altro che noleggiare una macchina per spostarsi in autonomia e senza attese snervanti.
Leandra D’Antone, dell’Università La Sapienza di Roma e membro della Fondazione Per ha proposto, nell’ambito della mobilità per il Sud della Next Generation EU, una serie di interventi di estrema necessità e altrettanta urgenza: si va dalle zone economiche speciali al Ponte sullo Stretto, dall’alta velocità agli interventi per tutti gli aeroporti.
Ma proprio sul Ponte che collegherebbe ala Sicilia con la Calabria non c’è l’intesa del Ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che ritiene prima di potenziare le infrastrutture già esistenti.
Rossana Titone