di Katia Regina
A distanza di pochi giorni, lo sfogo di Beppe Grillo in difesa del figlio ha trovato una vaga dignità: a fornire gli elementi ci ha pensato il padre di una ragazza stuprata dal branco a Campobello di Mazara. Stessa odiosa scena dunque, ma in questo caso il padre della ragazza violentata difende il branco che ha abusato della figlia definendolo un gruppo di bravi ragazzi. I processi si fanno in tribunale, ma gli aspetti sociologici di simili eventi possono essere argomento di confronto, non foss'altro che per capire meglio cosa sta succedendo ai giovani, ma anche a noi adulti, genitori.
Il tentativo di Beppe Grillo di difendere il figlio, per quanto maldestro se non addirittura dannoso, assume oggi una anomala dignità, perché è nella logica delle cose che un padre lo faccia pur mettendo a rischio la sua stessa credibilità e, se mai ne avesse avuta una, quella politica. Che un padre difenda invece i presunti stupratori della figlia, appare davvero contro natura. Allo stesso tempo però si manifesta la spiegazione: i ragazzi del branco sono figli di qualcuno e un simile padre potrebbe proprio essere il padre di ognuno di questi.
In entrambe i casi il fattore ricorrente è la battuta di caccia che vede nella donna la preda perfetta, predestinata secondo una cultura misogina e machista. La convinzione dell'impunità data dalla corresponsabilità, la dissoluzione della moralità diluita nel branco. Tutti bravi ragazzi presi singolarmente, qualcuno sostiene, senza considerare una totale assenza di educazione sentimentale. Droga e alcool sono solo la punta di un iceberg che nessuno vuole vedere, perché lì sotto, nella parte sommersa, ci sono gli adulti, la società che li ha cresciuti senza farli crescere.
Una ragazza che sceglie liberamente di partecipare a una festa e magari intrattenersi intimamente con un ragazzo non sta autorizzando uno stupro di gruppo, questa cosa è davvero difficile da fare comprendere a qualcuno, persino una prostituta può, per legge, rifiutarsi di continuare un rapporto sessuale per qualsivoglia motivo, anche chi sceglie di fare mercimonio del proprio corpo ha diritti pari a qualsiasi altra donna.
E a proposito di prostitute, la sindaca leghista di Cassina de’ Pecchi ha tentato di combattere la prostituzione della sua cittadina vietando certi abbigliamenti succinti o atteggiamenti espliciti, troppo facile fare satira su tale proposta, già immagino una commissione istituita ad hoc per valutare quali indumenti o atteggiamenti potrebbero essere messi all'indice. Un quarto d'ora di celebrità non si vieta a nessuno, ci sono tanti modi per passare alla storia, fare una politica seria contro lo sfruttamento e la schiavitù delle donne costrette a prostituirsi, accoglierle e dare loro una possibilità di riscatto, questa poteva essere una buona opportunità per meritarsi i riflettori dei media.
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