di Katia Regina
Esiste un limite oltre il quale il profitto e anche la stessa ricchezza diventano oltraggiosi? Mi spiego meglio. Non sto parlando di reato e neppure di patrimoniale, quello che intendo è stabilire un tetto massimo di possibilità di guadagno, all'interno di un libero mercato, oltre il quale possa scattare una forma di disapprovazione etica condivisa. Facciamo un esempio: quanto è lecito guadagnare per aver creato un vaccino? Quanti miliardi possono essere giustamente riconosciuti ai colossi farmaceutici per i vaccini? Stabiliamo una cifra, enorme, se volete, purché ci sia e oltre alla quale dovrebbe attivarsi una forma di disprezzo etico mondiale. Una sciocchezza lo so, ma non mi viene in mente altro leggendo le cifre che ruotano intorno all'affaire covid. Anziché parlare di redistribuzione della ricchezza si discute su come sia meglio capitalizzare i profitti provenienti dalla nuova peste. Da questa esperienza usciremo tutti migliori, s'è detto. In realtà alcuni ne usciranno più ricchi di prima, altri ancora più poveri, senza contare i morti.
Biden propone di sospendere la proprietà intellettuale della formula dei vaccini, l'Europa balbetta dopo le dichiarazioni della Merkel, Draghi stretto tra i due vacilla. La comunità scientifica si dice preoccupata che questa scelta possa fermare la sperimentazione futura sui vaccini. Che le case farmaceutiche non fossero mosse da mero spirito filantropico era ben chiaro da tempo, ed è giusto che vengano ripagate per la ricerca. Stabiliamo dunque quanto, almeno quando si tratta di vaccini. Su tutto il resto possono continuare come hanno sempre fatto.
Tutto questo nella stessa settimana in cui Ursula von der Leyen propone di adottare in Europa il motto di don Milani I care: ho cura di te, mi stai a cuore... dopodiché sarà necessario cambiare un bel po' di politiche sull'immigrazione e non solo. Povero don Milani, oltre al danno inflittogli dalla Chiesa da vivo, pure la beffa di vedersi usurpato il motto: lasciamolo in pace almeno da morto!
La querelle del bacio non consensuale nella fiaba di Biancaneve la archivierei tra le questioni che ci si poteva risparmiare. D'altra parte, se si guarda in questa ottica, tutte le fiabe che hanno accompagnato la nostra infanzia sono piene di ogni nefandezza, traumi di ogni genere, dall'abbandono allo sfruttamento e non solo. Immancabile il parere del comitato scientifico che pare abbia rassicurato tutti dicendo: anche in questo caso i benefici superano i rischi. Suvvia lasciamo almeno l'arte come ultimo avamposto scevro dal politicamente corretto! La faccenda la faccio liquidare al grande Chesterton:
Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono. Perché i bambini lo sanno già. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti.
Consigli per la lettura: L'ombra e il male nelle fiabe di Marie-Louise von Franz
Don Milani fra storia e memoria, la sua eredità quarant'anni dopo.