La procedura è stata bloccata e all’orizzonte si profilano altri conflitti d’interesse.
L’iter del progetto faraonico da quasi mezzo miliardo di euro (425 milioni) per la costruzione del nuovo Centro direzionale della Regione siciliana – nato malissimo già dai primi vagiti – non ha requie.
TUTTO SOSPESO – Dopo il primo servizio di Stefania Petyx, a ‘Striscia la notizia’ che risale ad aprile, il primo e quasi immediato risultato è stato ottenuto: la gara di assegnazione del progetto è stata sospesa in attesa di ulteriori verifiche.
IL FETORE DEI RACCOMANDATI – Il fetore di pastetta avariata, con i soliti noti che sono convinti di poterla fare da padrona senza essere disturbati nei loro giochetti di potere è, loro malgrado, venuto a galla. Un olezzo che non poteva non ammorbare l’aria anche degli uffici preposti a fare i dovuti controlli, previsti dalla legge, ma che stava quasi per passare incredibilmente inosservato da chi avrebbe dovuto vigilare e se n’è dimenticato, nella migliore delle ipotesi.
UN MACROSCOPICO CONFLITTO D’INTERESSE – Era aprile e già allora i deputati del gruppo Pd all’Ars avevano presentato un’interrogazione sull’argomento: “I legittimi dubbi sulla regolarità dell’affidamento del lavoro di progettazione per la realizzazione del Centro Direzionale della Regione, che dovrebbe accogliere tutti gli uffici dell’amministrazione regionale ubicati a Palermo (zona Via Ugo La Malfa), impongono una seria verifica sull’assenza di qualunque forma di conflitto di interessi”.
IL CONCORSO CON ‘IL COLLABORATORE’ ALLA PRESIDENZA DI GIURIA – La commissione di gara, nei mesi scorsi aveva vagliato 34 progetti, individuando cinque finalisti e tra questi aveva scelto il lavoro – presentato dalla mandataria ‘Teknè S.P.A’ di Milano, realizzato dagli studi di architettura ‘Leclercq Associés’, ‘Nicolas Laisne’, e ‘Clément Blanchet’, di Parigi. Ma, incredibile a dirsi, ‘Leclercq Associes’, negli ultimi anni ha portato avanti molti lavori in collaborazione proprio con il presidente della Commissione stessa, Marc Mimram: un particolare che intorbidisce l’obbligatoria trasparenza e regolarità di tutta la procedura concorsuale.
LA VERIFICA DOPO LA DECISIONE – Sembra una barzelletta ma è, invece, indice di come siano fatte, e seguite, alcune procedure da parte di alcuni dormienti burocrati regionali. La dichiarazione – fatta dai partecipanti alla gara prima che fosse espletata, relativa ad assenze di incompatibilità tra i controllori (insussistenza di rapporti di parentela o collaborazioni in ambito lavorativo in passato od attuali tra i componenti la commissione giudicatrice ed i partecipanti al concorso di idee stesso) cioè i membri della giuria del concorso internazionale di idee lanciato dalla Regione per selezionare il progetto migliore – viene inviata ai destinatari un mese dopo, circa, l’avvenuta proclamazione delle ditte vincitrici. La pec – come mostrato lunedì sera a ‘Striscia’ – è stata inviata ai cinque finalisti del concorso di idee, dalla stazione appaltante in ambito regionale, il 6 aprile 2021, mentre la procedura di selezione si era già conclusa il 12 marzo dello stesso anno e, cioè, un mese prima dell’invio della posta elettronica certificati ai destinatari.
SCORRIMENTO DELLA GRADUATORIA? – Ci sarebbero, viepiù, delle ‘menti raffinatissime’ che avrebbero proposto – per superare questa vergognosa ‘impasse’ – di scorrere la classifica dei cinque finalisti ed assegnare la vittoria al secondo classificato. Geniale, no? Se non fosse che, come racconta Petyx, un’altra cordata di aziende francesi si è aggiudicata pure il secondo posto e, anch’essa, ha avuto rapporti lavorativi col presidente della commissione aggiudicatrice: insomma, oltre al danno anche la beffa.
LA VIOLAZIONE DELLA NORMA PREVEDE SANZIONI PENALI – Un risvolto, diretto ed immediato della scandalosa vicenda, è quello che prevede l’applicazione di sanzioni per le false dichiarazioni, in atto pubblico, rilasciate nei moduli relativi all’incompatibilità tra selezionati e selezionatori. La legge sull’atto notorio e le autocertificazioni (dpr 445/2000) recita così (all’Art. 76 - Norme penali): 1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti (…) è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. (La sanzione ordinariamente prevista dal codice penale è aumentata da un terzo alla metà); 2. l'esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso. 3. le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell'articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale.
Trasparenza, correttezza e lealtà – se sono termini cui dare ancora oggi un senso – vorrebbero adesso che, fatte le dovute verifiche, chi ha dichiarato il falso sia segnalato alla Procura delle Repubblica per le doverose indagini conseguenti.
Alessandro Accardo Palumbo
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