di Katia Regina
Non è corretto parlare di sentenze che ribaltano verdetti di primo grado; non è corretto commentare sentenze senza conoscere le motivazioni; non è corretto parlare di persone coinvolte in vicende giudiziarie senza prima conoscere come sono andati i fatti... ho capito, ma allora di che cosa posso parlare?
Mi resta solo la querelle sulla statua della Spigolatrice di Sapri. Ma veramente io non vorrei proprio parlarne; e se proprio dovessi farlo liquiderei la faccenda con una domanda secca fatta all'autore: scusa, ma perché non l'hai fatta nuda? Chi mai avrebbe potuto dire qualcosa? La nudità artistica ha dei precedenti talmente illustri che nessuno avrebbe mai osato sollevare la questione. Con la scelta del ti vio e un ti vio ha prestato il fianco a tutta una serie di polemiche persino legittime. E comunque non è di questo che vorrei parlare questa settimana, pertanto mi metto sopra una tavola da surf e provo a schivare con destrezza il politicamente scorretto. La scorsa settimana ci sono riuscita, in qualche modo, commentando la sentenza Stato-mafia, vediamo se ci riesco anche stavolta con la sentenza di condanna a tredici anni all'ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, d'altra parte non si parla d'altro nonostante non si conoscano ancora le motivazioni. Probabilmente ci saranno cose che noi umani non possiamo neppure immaginare, Sì perché tredici anni non si danno neppure agli stupratori seriali! O forse il giudice si è trovato spiazzato dall'assenza di precedenti. Quando mai s'era visto un amministratore della cosa pubblica che non si è arricchito con i soldi pubblici? Destabilizzante dover giudicare un uomo che ha commesso illeciti amministrativi finalizzati all'integrazione dei più deboli. Questo eccesso di bontà rasenta l'idiozia e ci ricorda tanto il povero principe Myskin, ma questa è un'altra storia.
Surfare sulla 'vicenda Morisi sarà un po' più complicato, ma non demordo. Ho provato a immaginare cosa deve aver provato quest'uomo in tutti questi anni in cui, ogni giorno, si è dovuto inventare una cattiveria disgustosa contro qualcuno, circondato da presunti maschi alfa. Un lavoro altamente usurante, psicologicamente devastante, specie quando ha dovuto denigrare persone che avevano le sue stesse fragilità. Certo. lui non le chiamava proprio così; e vi assicuro che anche io ora preferirei chiamarle in maniera più esplicita. Ma non cascherò nella trappola, aspetterò che la giustizia faccia chiarezza. La condanna che già si è inflitta non ha bisogno di motivazioni. Dinnanzi all'ottenebrante visione della bestia nuda, conviene solo non indugiare con lo sguardo.
In queste settimane, ho compreso fino in fondo alcune canzoni di Fabrizio De Andrè, chissà cosa avrebbe scritto oggi, ispirato da tutte queste vicende. Eppure le sue strofe riescono sempre a illuminare un'istantanea così attuale: il cannibale assunto ogni giorno per insegnarci la distanza tra noi e le stelle... nel brano dedicato all'amico fragile.
La poetica di Fabrizio De Andrè è tornata prepotentemente a far da colonna sonora in queste ultime settimane, il suo codice giuridico riempie i vuoti di senso lasciati talvolta dalle sentenze degli uomini. Non ha mai nascosto la sua avversione nei confronti dei giudici, senza il timore di essere irriverente o politicamente scorretto, come si usa dire ora. Arrivava a teorizzare, prima della psicologia evolutiva, la sindrome di Napoleone, una suggestiva teoria secondo la quale un uomo di bassa statura risulta più aggressivo per compensare il deficit fisico. Lo immagina giudice... arbitro in terra del bene e del male... con ironia e sarcasmo lo deride traducendo la canzone del grande Brassens, Il gorilla, una denuncia delle iniquità commesse nel nome della legge con tanto di finale a sorpresa.
Consigli per la lettura: Lettera ai giudici di don Milani; L'idiota di Dostoevskij . Ma anche: Fabrizio De Andrè, biografie varie; ascolto della sua opera omnia, magari a piccole dosi quotidiane.