Giorno 9 Dicembre 2021 alle ore 21.00 presso il Teatro Impero di Marsala, vedrà rappresentata la celebre opera lirica Cavalleria rusticana. Composta da Pietro Mascagni in un unico atto, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, si ispira alla nota novella omonima di Giovanni Verga.
È ambientata nella Sicilia di tardo Ottocento, una terra lontana a noi non solo temporalmente, ma anche socialmente, poiché la condizione di vita dei protagonisti di quest’opera è fortemente condizionata dai rigidi e antichi costumi morali dell’Isola, dove su tutto predominano la legge del più forte, l’orgoglio e l’onore, anche sulle passioni.
Tutto ha inizio nel paese di Vizzini, quando compare Turiddu torna dal servizio militare. All’alba di una domenica di Pasqua si ode una serenata dedicata a Lola, moglie di compare Alfio, ma non è suo marito a cantarla. Lola ha infatti una relazione clandestina con Turiddu, risalente a prima della leva militare. Inizialmente si sarebbero dovuti sposare Turiddu e Lola, ma con la proroga del servizio ella si stancò di aspettare e sposò Alfio; per ripicca, Turiddu all’inizio si sposò con Santuzza, ma alla fine l’antica passione ebbe la meglio. Santuzza, scoperto il tradimento, si scontra verbalmente con Turiddu e Lola, arrivando poi assalita dalla collera non solo a maledire Turiddu, ma a rivelare tutto ad Alfio. L’uomo, sentendosi ferito nell’orgoglio, sfida il rivale Turiddu a duello all’arma bianca, secondo l’usanza tradizionale. Turiddu sa di essere nel torto, e si lascerebbe uccidere per espiare la propria colpa, ma non può lasciare sola Santuzza, disonorata dal suo tradimento, dunque deve accettare. Turiddu, prima di recarsi al duello, saluta sua madre Lucia, raccomandando di fare da madre a Santuzza se lui non dovesse tornare, poi corre via. Mentre le due donne si abbracciano, si ode un mormorio venire da lontano e poco dopo una popolana urla che Turiddu è stato ammazzato, gettando tutti nella disperazione.
La visione e il dramma della solitudine femminile e dell’onore maschile, ancor più forti in un paese della Sicilia antica, restano intatti nella visione della Regista Cettina Messina, dando un messaggio forte ma elegante al tempo stesso che non fa altro che svelare la comune debolezza umana.
L’ambientazione scelta da Pietro Mascagni rivive in scena nella visione interamente creata dallo Scenografo Russo Evgenii Gurenko, le cui pittoresche scenografie rappresentano in pieno la Sicilia di pietra raccontata da Giovanni Verga. Povera, ma allo stesso tempo ricca di elementi tipici, come le finestre e i balconi addobbati per la pasqua, la chiesa in festa e le porte della città rurale, che ci ricorda il tempo passato dell’isola.
La compassione della pietà, la processione del Cristo Risorto, la Pasqua, ma soprattutto le vicende e le passioni dei protagonisti di Cavalleria rusticana, accompagnati dall'Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Siciliano, diretta magistralmente dal Maestro Michele Netti, e un cast di interpreti di valore assoluto come Alberto Profeta che interpreta il ruolo di Turiddu e Nati Katai Santuzza, prendono vita in una nuova rappresentazione che coinvolgerà ed emozionerà il pubblico seguendo le note dell’opera indimenticabile di Mascagni.
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Verrà presentato a Palermo, il prossimo 19 novembre (ore 17.30) presso la «Biblioteca Centrale della Regione Siciliana», il volume «L’Isola furba - Indicazioni e controindicazioni sulla Sicilia» di Fabrizio Fonte. In questo nuovo saggio l’Autore, da profondo conoscitore della Sicilia e della sicilianità, conduce il lettore in un affascinante viaggio tra le pieghe più o meno note della storia recente dell’Isola, facendo emergere, in tutta la loro essenza, le aggrovigliate contraddizioni sociali
ed economiche che da sempre la caratterizzano. D’altra parte la Terra di Sicilia, nel corso del tempo, ha saputo, da un lato, generare un tessuto sociale, produttivo e culturale, grazie alla presenza di numerose eccellenze, anche di ottimo livello, e dall’altro, invece, ha consapevolmente tarpato le ali ad uno sviluppo diffuso tra la sua popolazione, relegandola ancora oggi, per i bassi livelli di qualità della vita, tra le ultime regioni d’Europa. C’è da dire che in passato in diversi hanno idealmente già provato a fotografare l’Isola tra le sue luci e le sue ombre. Su tutti va certamente ricordato Gesualdo Bufalino, che arrivò addirittura a coniare il neologismo di «isolitudine», che rappresenta in genere per i siciliani quel sentirsi «isole nell’Isola» e Fabrizio Fonte, già a partire dal titolo, prende spunto proprio dalle riflessioni del celebre maestro-scrittore di Comiso, che, tra
assoluzioni e condanne, individua tra le sue «cento Sicilie» anche una «sperta», cioè furba. Di norma, per l’Autore, a mettere in campo questa presunta furbizia sono gli onnipresenti «centri decisionali del potere», che sono oltretutto, molto spesso, in stretto contatto con la criminalità organizzata, che non si può negare che goda ancora, in particolare in alcune province, di un ampio consenso sociale, continuando a stringere nel “silenzio”, con taluni apparati pubblici, accordi affaristici e condizionandone, chiaramente, la gestione a proprio favore. Tuttavia, in questo quadro a tinte fosche, Fabrizio Fonte intravede una luce in fondo al tunnel, che però è indifferibilmente legata ad una «rivoluzione culturale» che i siciliani, e su tutti le nuove generazioni, devono porre in essere per poter legittimamente auspicare ad un vero, quanto concreto, riscatto dell’Isola, puntando magari, seriamente, sulle proprie «materie prime».