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26/11/2021 07:52:00

Tutto prescritto nel processo all'ex consigliere di Mazara Burzotta

 Non ci sono state sorprese, al momento della sentenza, in Tribunale, a Marsala, nel processo “Burzotta Andrea + 9”. Lo scorso 14 settembre, il pm della Dda Giacomo Brandini si era visto costretto, considerato il tempo trascorso dai fatti contestati, a chiedere il “non doversi procedere” per prescrizione dei reati.

E il collegio giudicante (presidente Saladino) non poteva che sentenziare in tal senso. Vanificato, quindi, il lavoro degli investigatori.

I reati contestati erano intestazione fittizia di beni, in qualche caso con l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra, e per un imputato, il 65enne mazarese Vincenzo Sinacori, anche usura.

Ma uno dei nomi più noti, tra gli imputati, era quello di un altro mazarese, Giuseppe “Pino” Burzotta, deceduto nell’agosto 2020 all’età di 71 anni, che pur non avendo riportato condanne per mafia, per la Dia sarebbe rientrato “tra i soggetti indiziati di 'appartenenza' ad associazione di tipo mafioso”, fornendo ad alcuni suoi esponenti “supporto economico e finanziario”. Ma il suo difensore, l’avvocato Leo Genna, ha sottolineato che in sede di misure di prevenzione è stata dichiarata la “insussistenza” dell’aggravante mafiosa per Giuseppe Burzotta, per il quale il Tribunale ha dichiarato il non luogo a procedere per morte del reo. “La sezione Misure di prevenzione – dichiara il legale – ha escluso l’appartenenza di Giuseppe Burzotta a Cosa Nostra, tanto che in primo grado gli sono stati restituiti circa la metà dei beni sequestrati e non gli è stata applicata la misura di prevenzione personale”.

Gli altri imputati erano il figlio Andrea Burzotta, 48 anni, che è stato anche consigliere comunale e provinciale (Forza Italia), Calogero Cangelosi, 75 anni, originario di Poggioreale, il figlio Michelangelo, di 32, Gaspare Castelli, di 67, e figli Francesco, di 31, Vincenzo, di 38, e Paolo, di 43, Vito Gancitano, di 76, e Vincenzo Sinacori, di 65.

Tra gli avvocati difensori, oltre a Leo Genna, Marilena Messina (per i Castelli), Walter Marino, Michele Polizzi, Giuseppe Ferro di Castelvetrano e Francesco Paolo Maurigi. Nel processo è stato ascoltato il colonnello della Guardia di finanza Rocco Lo Pane, ex capo della Dia di Trapani, che tre anni fa, in aula, ha parlato delle intercettazioni telefoniche, dei movimenti bancari (incasso assegni) e delle deleghe ad operare su conti correnti che per l’accusa dimostrerebbero come il defunto Pino Burzotta sarebbe stato il “socio occulto” di un’impresa edile e di movimento terra intestata a Vincenzo Castelli. Tra le altre contestazioni, l’atto con cui, nel 2011, dal notaio Sergio Bandini, Andrea Burzotta e Michelangelo Cangelosi costituirono la società “B e C Costruzioni srl”, cedendone “occultamente”, sempre secondo l’accusa, “il potere di gestione e la disponibilità dei beni” a Burzotta senior, che vi avrebbe investito “risorse finanziarie, profitto di attività illecite”.