E’ costato caro a Rete Ferroviaria Italiana il grave incidente in cui, il 5 dicembre 2016, al passaggio a livello di contrada Pispisia, quello vicino alla chiesa della Madonna del Rosario, rimase vittima, rischiando di morire, una 55enne che al volante della sua auto rimase “intrappolata” tra le sbarre.
Il giudice civile del Tribunale di Marsala Mary Carmisciano ha, infatti, condannato RFI a risarcire la donna, che ancora porta le conseguenze di quel terribile impatto, con 195 mila euro.
L’automobilista fu travolta da treno in corsa e a causa del tremendo impatto, venne sbalzata fuori dall’utilitaria che stava guidando, schiantandosi a terra ad alcune decine di metri di distanza. Ma sopravvisse. Nonostante numerose fratture e altre gravi ferite riportate in varie parti del corpo.
Adesso, il giudice Carmisciano ha accolto la tesi secondo cui l’incidente fu provocato dal malfunzionamento delle sbarre. La donna, infatti, proveniente dalla strada comunale parallela alla linea ferrata, quella dove abita, svoltò a destra per attraversare il passaggio a livello, avendo visto la prima barriera alzata. La seconda, però, era già abbassata. Appena se ne accorse, ingranò subito la marcia indietro, ma nel frattempo si era abbassata anche quella alle sue spalle. Presa dal panico, la donna non fece in tempo a scendere dall’auto. E pochi istanti dopo arrivò il treno che la investì. Ad assistere la donna sono stati gli avvocati Annibale Renato Salemi e Walter Renda, che hanno redatto l’atto di citazione contro Rfi. Soccorsa, l’automobilista veniva trasportata al Pronto soccorso dell’ospedale “Paolo Borsellino” in “codice rosso”. E poi al Villa Sofia di Palermo.
Il giudice ha accolto la tesi difensiva e ha accertato che “la pericolosità dell’attività ferroviaria concretamente espletata all’altezza della chilometrica oggetto di causa deve ravvisarsi nella circostanza dell’anomalo funzionamento delle barriere del passaggio a livello, nonché nella inadeguata segnalazione della chiusura del passaggio a livello, circostanze più volte segnalate dagli abitanti della zona e provate in corso di causa anche dalle risultanze della Ctu”. Nel corso della causa, infatti, è emerso che il semaforo di segnalazione non era orientato nel senso di marcia dell’automobilista (ma come altrove è frontale alla strada perpendicolare alla via ferrata, non a quella parallela che spesso, in varie zone del Marsalese, l’affianca), che la segnalazione acustica era inadeguata e che la chiusura “asincrona” delle sbarre ha costituito un’insidia/trabocchetto per l’automobilista.
E’ stato, inoltre, accertato attraverso la consulenza tecnica d’ufficio che “l’autovettura posta sui binari, già alla distanza di metri 400 dal PL.166+050, risultava adeguatamente scorgibile dalla cabina del macchinista e da quella distanza ed alla velocità di 110 Km/h il convoglio si sarebbe arrestato prima di raggiungere l’autovettura (tenuto conto dei due coefficienti di attrito (0,15 e 0,20) fra mt.388 e mt.330). Tale ultima circostanza, peraltro, evidenzia la grave imperizia del conducente del treno ovvero … il malfunzionamento dell’impianto frenante”.
Ora, gli avvocati Walter Renda e Renato Salemi invitano Rfi ad “una adeguata manutenzione dei passaggi a livello presenti sul territorio del marsalese e che quotidianamente sono oggetto di malfunzionamento come da numerosi articoli giornalistici, al fine di evitare tragici incidenti come quello occorso alla propria assistita”.