di Katia Regina - Clamoroso autogoal del vescovo di Noto: Babbo Natale non esiste! L'alto prelato si giustifica: volevo solo spiegare la differenza tra figure reali e figure inventate. Davvero gli conviene avventurarsi in questa spiegazione? Non teme un conflitto di interessi? Non vorrei apparire blasfema, ma penso sia noto anche a lui che si possa credere in qualcosa di razionalmente inspiegabile, partecipare a rituali che viaggiano in parallelo con quelli magici. Forse sto semplificando troppo, quindi procedo con maggiore cautela.
Come prima cosa mi stupisce oltremodo che un uomo, abituato a parlare a un pubblico che contempla anche la presenza di bambini, non sappia che il sistema cognitivo, fino a sette anni, funziona attraverso strutture diverse rispetto a quello di un adulto. Il pensiero magico domina su quello razionale e questa fase è necessaria al bambino per proteggersi dal mondo circostante che ancora deve esplorare e comprendere. Ecco perché il Vescovo avrebbe dovuto avere più rispetto per i bambini presenti in quell'occasione: non è suo compito dare questo genere di spiegazioni, per questo esistono i genitori.
Mia nonna gli avrebbe dato tanti pignateddri 'ntesta, ossia colpetti fortemente simbolici dati sul capo con le nocche delle dita. A Palermo invece avrebbero semplicemente esclamato: 'ncapicchì? Sì, perché proprio non si capisce la necessità di spiattellare questa realtà a ridosso delle feste natalizie peraltro e in un periodo storico devastato da due anni di pandemia ancora in corso. Di troppa realtà si può morire, anzi si muore tutti i giorni. Tutti abbiamo bisogno di finzione, sogni, immaginazione... tant'è che il pensiero magico non svanisce dopo i sette anni, ma convive nella mente degli adulti insieme al pensiero razionale durante tutto il corso della vita di ciascuno.
Gli studi dimostrano che senza questa componente sarebbe fortemente compromessa la capacità partecipativa di ogni individuo.
A proposito di troppa realtà vorrei citare un discorso (Quello che succede e quello che non succede) fatto da Javier Marias durante la cerimonia di premiazione del suo romanzo Domani nella battaglia pensa a me:
... forse è inspiegabile che persone adulte e più o meno coscienti siano disposte a immergersi in una narrazione di cui sin dal primo momento sanno che si tratta di un’invenzione... A partire da una determinata pagina, come se con quella pagina si levasse il sipario di un teatro, fingiamo di dimenticare del tutto ciò di cui siamo bene al corrente e ci accingiamo ad ascoltare un’altra voce in prima o in terza persona che tuttavia sappiamo essere la voce di quello scrittore, impostata o mascherata. Che cosa ci dà questa capacità di simulare? Perché continuiamo a leggere romanzi, e ad apprezzarli e a prenderli sul serio e perfino a premiarli, in un mondo sempre meno ingenuo?
Sembra un dato di fatto che l’uomo – e forse la donna ancora di più – abbia bisogno di una certa dose di finzione, vale a dire abbia bisogno dell’immaginario oltre che dell’accaduto e del reale... ha bisogno di conoscere il possibile oltre che il vero
Detto ciò vorrei fare una considerazione molto personale a proposito di Babbo Natale, ciò che di lui, finto o vero che sia, mi è sempre piaciuto: gli fai la tua richiesta del dono e lui te lo porta, quasi sempre, ma comunque senza mai farsi pregare.
Per quanto riguarda invece la giusta espiazione per il vescovo di Noto, suggerisco di farlo travestire da Babbo Natale per portare i doni a tutti i bambini poveri della sua diocesi.
Consigli per la lettura: Il labile confine tra fede e magia, un articolo di Gennaro Matino pubblicato su la Repubblica nel 2017;
Domani nella battaglia pensa a me di Javier Marias