Il canto dei partigiani della gloriosa Brigata Garibaldi è un canto russo adattato dal comandante Felice Cascioni, durante la resistenza italiana contro il regime nazifascista. La vita è davvero beffarda se si pensa che è tornato il tempo di resistenza, si torna a cantare Fischia il vento... nella sua versione originale, questa volta contro i russi di Putin che dice di avere ancora, da qualche parte, la tessera del Partito Comunista.
Noi siciliani non abbiamo fatto la Resistenza, siamo stati liberati dai neo-alleati il 9 luglio del 1943, li abbiamo accolti a braccia aperte, almeno quelli a cui erano rimaste le braccia dopo i bombardamenti a tappeto degli anglo-americani. D'altra parte siamo ben abituati a subire dominazioni: fenici, greci, cartaginesi, romani, vandali, goti, bizantini, arabi, normanni, angioini, aragonesi, spagnoli, borboni... e qualcuno forse lo dimentico. Se proprio devo pensare a un termine per definire il popolo siciliano, ecco, mi viene in mente il tanto di moda resiliente. Ebbene sì, siamo un popolo capace di saltare sulla barca che si è appena capovolta, con grande destrezza evitiamo di annegare e pensiamo subito a come riorganizzare la nostra esistenza nonostante il trauma subito.
Non so perché sto parlando dei siciliani quando in realtà il mio pensiero è tutto rivolto agli ucraini, al loro coraggio, altro che resilienza, forse dopo ci sarà bisogno anche di quella, ma ora è tempo di resistenza: dura, vera, fatta dai fucili imbracciati e puntati contro altri esseri umani che potrebbero essere loro stessi parenti.
Cosa mettereste dentro uno zaino in caso di fuga veloce? Ho provato una simulazione mentale. Non ci sono riuscita. Perché bisogna trovarsi in simili situazioni per fare scattare certi meccanismi cognitivi. L'immaginazione, almeno nel mio caso, diventa fervida, compulsiva, creativa... solo immaginando cose belle. Nell'orrore non si attiva, si prosciuga, resta muta con gli occhi sbarrati. Non potrei mai costruire una trama horror, la mia mente si fa vigliacca dinnanzi alle atrocità, tuttavia sento che non esiterei un solo istante a sparare su qualcuno che minacciasse la mia famiglia. In questo caso, e solo in questo, potrei trasformarmi in una aborigena della Papua Nuova Guinea, come diceva mia nonna: tagghia ca chi sangu nesci.
Non riesco a biasimare chi sceglie la libertà alla vita. Una cosa è certa, gli ucraini sono un popolo pacifico, non hanno provocato la guerra, i responsabili, e badate bene il plurale, sono lontani dal fronte, dalle trincee, non subiscono privazioni primarie. I responsabili sanno di esserlo nonostante siano seduti attorno al tavolo delle trattative mentre dal fronte si spera di cantare
Cessa il vento e calma la bufera...
consigli per la lettura: La banalità del male di Hannah Harendt
Katia Regina