Suore “misteriose”, amiche di “persone invisibili”. È questa la descrizione più sintetica che si può fare della missione che sette Carmelitane missionarie di santa Teresa di Gesù Bambino stanno vivendo a Marina di Acate, paese fantasma in inverno, che prende vita solo da giugno a settembre. Qui, però, tutto l’anno abitano centinaia di immigrati, principalmente tunisini e romeni, arrivati per lavorare nelle tante serre della zona dove si coltivano ortaggi anche grazie allo sfruttamento della manodopera pagata pochi euro l’ora. Sono queste le “persone invisibili” di cui racconta a “Popoli e Missione” suor Monica Muccio, una delle religiose che insieme alle sue consorelle ha scelto di servire questa “porzione di terra, abbandonata da tutti ma non da Dio”.
Miseria, festa e cous cous. Marina di Acate si trova sulla costa meridionale della Sicilia, in provincia di Ragusa. Nei mesi invernali è invisibile, proprio come tutti i migranti che vi abitano. D’estate si popola di villeggianti, ma i braccianti continuano a rimanere nell’ombra, ignorati da tutti. E proseguono la loro vita, se così si può chiamare: lavorano 12 ore al giorno, o anche di più, e vivono nelle casupole di mattoni forati, costruite vicino alle serre per il rimessaggio di attrezzi agricoli, ma oggi “affittate” a caro prezzo ai braccianti stranieri che qui a volte non trovano acqua né corrente elettrica.
I migranti arrivati in questo luogo dimenticato hanno spesso con sé i propri familiari: “qui vivono tanti, tanti bambini, soprattutto tunisini”, racconta suor Monica, mentre con le sue consorelle sta andando a casa di una famiglia che l’ha invitata a mangiare il cous cous per festeggiare il compleanno del piccolo Naufel, tre anni. Come ogni invitato che si rispetti, le suore non vanno certo a mani vuote: per il festeggiato hanno portato un modellino di Ferrari, un album con disegni da colorare e una selezione di caramelle.