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27/05/2022 08:06:00

Denise. "Ecco perchè le indagini partirono in ritardo"

 Non sono certo mancati colpi di scena e nuovi scenari nell’ultima udienza del processo che davanti il Tribunale di Marsala (giudice monocratico Giusi Montericcio) vede il giudice Maria Angioni, che fu pm a Marsala all’epoca del sequestro di Denise Pipitone, accusata di false informazioni al pm nell’ambito delle nuove indagini aperte un anno fa dalla Procura sul caso della sfortunata bambina mazarese.

Un processo, quello alla Angioni, che inevitabilmente non può che trasformarsi in una sorta di processo alle indagini avviate quel drammatico pomeriggio del primo settembre 2004.

“Anna Corona – ha affermato, in tribunale, Giuseppe Linares, all’epoca capo della Squadra Mobile di Trapani e attualmente alto funzionario del Ministero dell’Interno - venne ascoltata da due ufficiali dei carabinieri la stessa sera dell’1 settembre, il giorno in cui sparì Denise Pipitone, ma la madre della bambina (Piera Maggio, ndr) ha eluso per due giorni ogni informazione. Negò la relazione sentimentale con Piero Pulizzi, che a sua volta definì ‘dicerie’ quelle voci. Fino al 4 settembre 2004, Piera Maggio e Piero Pulizzi non dicono che Denise non è figlia di Antonino Pipitone. Solo il 4 settembre, dopo che il pm chiede prova del Dna, Piera Maggio dice che Denise è figlia di Pietro Pulizzi e che Anna Corona (ex moglie del Pulizzi, ndr) è arrabbiata con lei. E questo provoca un ritardo nelle indagini”.

Rispondendo alle domande del pm Roberto Piscitello, Linares ha aggiunto: “La scomparsa di Denise è uno dei casi più complessi della mia carriera. Antonio Sfamemi (all’epoca dirigente del commissariato di Mazara del Vallo, ndr) faceva benissimo il suo lavoro e non aveva avuto alcun rilievo dalla Procura di Marsala”. Oggetto del processo, infatti, come ha evidenziato in aula il pm Piscitello, è la presunta “inaffidabilità o infedeltà, all’epoca, del commissariato di Mazara”, come ha paventato la Angioni, uno dei pm che coordinò le indagini sul sequestro Denise, che alla scorsa udienza ha dichiarato che da maggio 2005 non diede più deleghe di rilievo alla polizia di Mazara, ma soltanto adempimenti meno importanti. Ieri, invece, il pm Piscitello ha prodotto “atti da cui si evince – ha detto – la perduranza delle indagini di polizia del commissariato di Mazara anche dopo maggio 2005. Sono 49 documenti del 2005 e non si tratta di deleghe poco importanti”. Poi, il pm Piscitello, ha sottolineato che il fatto che la Procura di Marsala trasmetteva atti al Commissariato di Mazara sta a significare che la prima nutriva fiducia per quel presidio di polizia. Quindi, il reggente della Procura marsalese ha assestato un altro colpo a sorpresa. Citando quanto riportato a pagina 259 delle motivazioni della sentenza di primo grado del processo per il sequestro Denise (Tribunale di Marsala presieduto dal giudice Riccardo Alcamo), il pm ha affermato: “Quando Gioacchino Genchi, consulente della Procura di Marsala, nel processo di primo grado a Jessica Pulizzi e a Gaspare Ghaleb, dichiarò che Stefania Letterato smise di parlare al telefono due giorni dopo essere stata sottoposta ad intercettazione fece falsa testimonianza. Ciò, infatti, come si legge nelle motivazioni della sentenza che chiedo di depositare, è smentito dalla lettura dei brogliacci delle intercettazioni, da cui emerge che la Letterato continua a parlare al telefono per tutto il periodo delle intercettazioni”.

Il giudice Montericcio ha ammesso il deposito della sentenza. L’avvocato Stefano Pellegrino, difensore della Angioni insieme al figlio-collega Andrea Pellegrino, ha chiesto, a questo punto, che il pm chieda di acquisire anche le sentenze di appello e Cassazione. Nell’udienza, il giudice Montericcio ha avuto il suo bel da fare per sedare le schermaglie verbali tra i rappresentanti di accusa e difesa. 

Nelle sue dichiarazioni rese nell'ultimo anno, la Angioni ha sospettato che Stefania Letterato, amica (e poi moglie) di Antonio Sfameni, all’epoca dei fatti dirigente del commissariato di polizia di Mazara potesse aver saputo che la Corona fosse sottoposta ad intercettazioni e averla avvertita. Circostanza che Sfameni, attualmente capo della Squadra mobile di Catania (dopo aver ricoperto stesso incarico a Brindisi, Trieste e Messina), ascoltato ad inizio udienza, ha categoricamente smentito. “Mai ho rivelato alla Letterato che la Corona era intercettata – ha detto il funzionario di polizia – Mai nessuno me l’ha contestato. I rapporti con la Procura di Marsala erano distesi. C’erano anche occasioni conviviali con i vertici dei commissariati di Marsala, allora diretto da Salvatore Certa, e Mazara e i magistrati della Procura. Io indagato? Mai avuta alcuna notizia in tal senso, né formalmente né informalmente”. Evidenziando, poi, tutta la sua “amarezza” per i sospetti nati a causa dei suoi rapporti con la Letterato, il funzionario di polizia ha, quindi, tirato fuori dalla carpetta con cui si è presentato in aula le copie dei numerosi “encomi” ed “elogi” ricevuti nel corso della sua carriera dall’ex procuratore di Marsala Antonino Silvio Sciuto, capo dell’ufficio quando sparì Denise, dal questore e persino dall’ex capo della polizia Manganelli. Alla prossima udienza, il 23 giugno, verrà ascoltata Maria Angioni e due testi della difesa.