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04/07/2022 06:00:00

La condanna definitiva per Sparacio, l'Unabomber di Pantelleria 

 La Corte Suprema di Cassazione – prima sezione penale – ha scritto la parola fine sull’annosa vicenda che ha visto come negativo protagonista Roberto Sparacio (l'Unabomber di Pantelleria), ingegnere informatico, palermitano, ma pantesco di adozione.

Difatti gli Ermellini, anche avallando la requisitoria del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, hanno rigettato il ricorso per cassazione proposto dallo Sparacio, difeso dall’avvocato Carlo Emma del Foro di Palermo, avverso la sentenza del 12 aprile 2021 emessa dalla terza sezione penale della Corte di Appello di Palermo, che aveva condannato l’imputato alla pena di anni tre di reclusione, in parziale riforma della sentenza di primo grado che era stata emessa il 17 giugno 2020 dal Gup di Trapani Emanuele Cersosimo.

La Cassazione ha anche liquidato le ulteriori spese legali dovute alle parti civili per il terzo grado di giudizio e, nel contempo, ha confermato la condanna dell’ingegnere informatico al risarcimento del danno in favore delle stesse parti civili: Ordine degli Avvocati di Trapani, con il patrocinio dell’avvocato Giulio Vulpitta in via equitativa per Euro 5.000,00, ispettore Gian Camillo Aceto, difeso dall’avvocato Antonino Sugameli, da liquidarsi in separato giudizio civile, con una provvisionale immediatamente esecutiva pari a Euro 25.000,00, oltre alle spese e compensi per la costituzione di parte civile in grado di appello, il pantesco Andrea Policardo, difeso dall’avvocato Antonio Consentino, da liquidarsi in separato giudizio civile, con una provvisionale immediatamente esecutiva pari a Euro 25.000,00, oltre alle spese e compensi per la costituzione di parte civile in grado di appello, nonché Salvatore Monroy, da liquidarsi in separato giudizio civile, con una provvisionale immediatamente esecutiva pari a Euro 50.000,00, oltre alle spese e compensi per la costituzione di parte civile in grado di appello.

La parziale riforma della sentenza di primo grado, operata dalla Corte di Appello di Palermo, aveva riguardato esclusivamente i fatti-reato afferenti alle condotte dello Sparacio relativa al congegno esplosivo inviato all’avvocato Monica Maragno che la Corte palermitana aveva ritenuto di unificare sotto il vincolo della continuazione, anzicchè considerarli distinti episodi criminosi alla stregua di quanto invece aveva stabilito il Gup di Trapani.

In primo grado Sparacio, il quale aveva chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato, era stato condannato alla pena complessiva di 5 anni e 8 mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere, per la commissione tra il 2016 e il 2018 di tre attentati con materiale esplosivo e sostanze chimiche che ferirono altrettante persone, causando loro seri danni permanenti. Il Pubblico Ministero, all’esito della sua requisitoria, aveva chiesto la condanna dell’imputato alla pena di anni 6 e mesi 4 di reclusione oltre ad Euro 3.000 di multa.

Era stata anche confermata l’applicazione della misura di sicurezza del ricovero dello Sparacio in casa di cura e custodia per un tempo non inferiore ad un anno, misura di sicurezza da eseguirsi dopo l’espiazione della pena detentiva in una residenza per l’esecuzione delle Misure di Sicurezza, nonché la confisca e la distruzione di quanto ancora sottoposto a sequestro.

Abbiamo sentito, in proposito, l’avvocato Antonio Consentino, difensore della parte civile Andrea Policardo il quale, com’è oramai noto, aveva subito lesioni personali gravissime, nella specie ustioni chimiche di secondo grado, per avere Roberto Sparacio cosparso il sedile del mezzo meccanico sul quale lavorava alle dipendenze di quest’ultimo di una sostanza chimica altamente tossica e nociva (iprite), con conseguenti ed immediati effetti fisici devastanti. E’ appena il caso di rammentare come il Policardo, nella circostanza, quale lavoratore dipendente dello Sparacio, avrebbe “pagato” l’avere egli insistentemente richiesto a Sparacio la retribuzione di propria legittima spettanza per l’attività lavorativa espletata presso la “Cava” che l’ingegnere informativo gestiva a Pantelleria.

Ecco quanto dichiarato dall’avv. Antonio Consentino: "Ci riteniamo estremamente soddisfatti dell’esito del processo che ha definitivamente posto fine ad una triste vicenda iniziata, nientemeno, nell’aprile del 2014. Espletati i tre gradi di giudizio, la sentenza della Corte di Cassazione non può lasciare adito alcuno a perplessità circa la colpevolezza dello Sparacio, il quale, peraltro, era perfettamente consapevole dei gravi fatti-reato dallo stesso commessi e delle conseguenze dei medesimi episodi criminosi. Tuttavia, non è finita qui !! Sin da subito ci concentreremo sul recupero di quanto liquidato in sede penale a titolo di risarcimento del danno come provvisionale, ovvero quale anticipazione sulle maggiori somme dovute ad Andrea Policardo, maggiori somme per il cui conseguimento dovremo adire il Giudice civile, ma si tratterà esclusivamente di una mera quantificazione del risarcimento complessivamente dovuto al mio assistito dato che l’illecita condotta del reo è oramai certa ed inequivocabile così come sancito dalla Suprema Corte di Cassazione".

Sparacio ha fabbricato la pen drive che l’8 ottobre del 2018 ferì l’ispettore di polizia Gianni Aceto in Procura a Trapani, mentre stava indagando sul mittente che aveva inviato, nel 2016, quella busta all’avvocato Monica Maragno, che insospettitasi del fatto che il mittente indicato non avesse confermato l’invio, la consegnò all'Ordine degli Avvocati. Dall'ordine partì l'esposto, ma solo dopo due anni furono fatte le indagini che portarono alla verifica della penna Usb e al grave ferimento di Aceto, non appena collegò la pen drive al pc.

I poliziotti nel corso delle loro indagini si trovano di fronte un operaio pantesco, che aveva lavorato per l’ingegnere informatico, ed era rimasto  ferito all’inguine con il sedile del suo mezzo cosparso di iprite, un pericoloso gas liquido altamente corrosivo. L’operaio aveva chiesto e reclamto il pagamento di somme arretrate. Sparacio fu incastrato da un poliziotto del Servizio Centrale Operativo che si finse interessato ad acquistare materiali per il confezionamento di esplosivi. La Polizia Scientifica trovò tracce di ricerche sul deep web, in quel modo Sparacio pare stesse cercando un killer.

Sparacio metteva in pratica delle ritorsioni contro chi riteneva essere degli avversari: punizioni a tal punto da rischiare la vita. Alla base di questo suo comportamento il vedere il proprio patrimonio immobiliare disgregarsi per l’assalto di alcuni creditori. La reazione di Sparacio aveva come obiettivo quello di ostacolare alcune vendite all’asta.