Il tribunale dei minori di Palermo ha condannato a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni il minorenne accusato di avere aiutato a suicidarsi il giovane nisseno Mirko La Mendola, morto il 25 agosto dello scorso anno sulla spiaggia di Porto Empedocle dopo essersi sparato alla testa.
I giudici hanno riconosciuto la sospensione condizionale della pena e disposto la scarcerazione dell’imputato, che era detenuto all’Istituto penale minorile di Palermo. La Procura dei minori di Palermo aveva chiesto la condanna a 6 anni, mentre gli avvocati difensori Calogero Buscarino e Gaetano Giunta avevano insistito per l’assoluzione. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori La Mendola avrebbe deciso di togliersi la vita dopo aver fallito al concorso per l’ammissione in polizia.
Il giovane era rientrato qualche giorno prima da Roma dove aveva partecipato al concorso per diventare poliziotto. Alla valutazione finale non fu giudicato idoneo. Fu una mazzata, ma sembrava tranquillo, deluso ma pronto a rimettersi a studiare per riprovarci in futuro.
La verità emerse dalle chat WhatsApp. Quello che sembrava un suicidio sarebbe stato un “omicidio del consenziente”. Il ventiseienne di Caltanissetta sarebbe stato aiutato ad uccidersi da un ragazzo di diciassette anni. Avevano un piano ed è la chat che lo svelerebbe. A ricostruirlo la Procura per i minorenni di Palermo, diretta da Claudia Caramanna.
Il colpo era stato esploso con una pistola Beretta modello FS98, calibro 9X21 che la vittima deteneva legalmente. Quella sera si trovava al mare con l’amico. Si erano conosciuti in palestra ed era nata un'amicizia nonostante la differenza di età.
Il minorenne, secondo l’accusa, lo avvrebbe aiutato a mettere in atto il suo proposito e ciò emergerebbe da alcuni messaggi scambiati tra i due. La famiglia, tramite il proprio legale, l’avvocato Rosario Didato, aveva fatto eseguire delle indagini difensive che hanno contribuito a ricostruire il quadro accusatorio.
l mercoledì sera uscì di casa per spostarsi in compagnia dell’amico, a bordo della sua Peugeot 206, in provincia di Agrigento. Nella chat si faceva fanno riferimento al coinvolgimento del minorenne perché tanto, in ragione dell’età, non avrebbe rischiato nulla; di voglia di vedere un’ultima volta il mare; di comprensione qualora il ragazzino non se la fosse sentita di arrivare fino in fondo; di coraggio che mancava per sparare e di un aiuto offerto per mettere in atto quello che sembra un piano pensato nei minimi dettagli.