Il boss Filippo Graviano, detenuto al 41 bis, non merita di ottenere dei permessi premio. Lo aveva sentenziato il tribunale di sorveglianza dell’Aquila lo scorso luglio, e lo ha confermato ieri la Cassazione. Il boss condannato per le stragi del 1992 a Capaci e in via D’Amelio, e per l’omicidio di don Pino Puglisi, pur avendo avuto una condotta carceraria definita regolare, non ha mostrato una vera disponibilità a collaborare.
Resterà quindi recluso in regime di carcere duro.
In carcere Graviano è riuscito a prendersi una laurea magistrale con il massimo dei voti.
Condannato all’ergastolo come mandante per le stragi del ’92 e del ’93 e per l’uccisione del sacerdote don Pino Puglisi, recluso dal 1994 in regime “differenziato”, Graviano aveva chiesto un permesso premio nel febbraio del 2021 sostenendo di essersi dissociato da Cosa nostra.
Il verdetto della prima sezione penale della Cassazione in sostanza ritiene che quella di Graviano sia stata solo una collaborazione di facciata. Gli «ermellini» rilevano che «il detenuto aveva sottoscritto una dichiarazione di dissociazione, cui non aveva fatto seguito una collaborazione con gli inquirenti». Inoltre «aveva mantenuto i rapporti con i familiari, tra i quali vi erano anche soggetti pure coinvolti in logiche associative».