14,40 - Si è costituito da poco più di un'ora, al carcere di Opera, di Milano, l'ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì. A renderlo noto l’avvocato Arianna Rallo difensore dell'ex senatore di Trapani.
Ieri la Cassazione ha confermato la condanna a sei anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa (ne parliamo qui). Ieri aveva rivelato alle persone a lui più vicine: "se verrò condannato mi costituirò". E cosi ha fatto oggi.
Secondo le motivazioni depositate l’anno scorso dai giudici della Corte d’Appello di Palermo, «D’Alì ha certamente assunto degli impegni seri e concreti a favore dell’associazione mafiosa e ciò lo si può desumere dalla sua già stabile, affidabile, comprovata e ventennale disponibilità a spendersi in favore di Cosa nostra».
06,00 - Game over. Per Antonio D'Alì la condanna è definitiva. Ieri la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dei legali dell'ex senatore contro la sentenza della Corte di Appello di un anno fa che lo aveva condannato a sei anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Quella sentenza, adesso, è definitiva. Per D'Alì si aprono le porte del carcere.
La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa di D'Alì contro la sentenza d'appello bis arrivata dopo il rinvio disposto dalla Suprema Corte che aveva annullato con rinvio la prima sentenza d'appello del settembre del 2016, in cui l'ex sottosegretario di Forza Italia venne assolto per le contestazioni successive al 1994. Era quindi la seconda volta che il caso arrivava in Cassazione, dopo che la Suprema Corte aveva annullato l'assoluzione disponendo un nuovo processo davanti alla Corte d'Appello di Palermo, che ha poi condannato D'Alì a 6 anni.
D'Alì era accusato di avere "contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa nostra, mettendo a disposizione dei boss le proprie risorse economiche, e, successivamente, il proprio ruolo istituzionale di senatore della Repubblica e di sottosegretario di Stato".
Dopo la conferma da parte della Cassazione della condanna a sei anni, l'ex senatore di Forza Italia, Antonio D'Alì, andrà in carcere. A quanto si apprende da fonti della difesa, D'Alì si andrà a costituire.
Nella requisitoria dell’appello bis, chiedendo la sua condanna a sette anni e quattro mesi, la sostituta procuratrice generale di Palermo Rita Fulantelli aveva definito DìAlì “il politico a disposizione dei Messina Denaro, prima del vecchio don Ciccio e poi del figlio Matteo, tuttora ricercato”. L’ex parlamentare ha sempre respinto tutte le contestazioni.
L’iter processuale è durato oltre 11 anni: la richiesta di rinvio a giudizio risale all’ottobre 2011. Il 14 giugno 2013 i pm palermitani avevano chiesto la condanna di D’Alì a sette anni e quattro mesi nel procedimento in rito abbreviatto: nel settembre successivo il gup lo aveva assolto per i fatti successivi al 1994 dichiarando prescritti quelli precedenti, sentenza confermata tre anni dopo in Corte d’Appello, fino all’annullamento disposto dalla Cassazione il 22 gennaio del 2018. Nel provvedimento la Suprema Corte scrisse che le motivazioni avevano “illogicamente e immotivatamente svalutato il sostegno elettorale di Cosa Nostra a D’Alì“. Il 9 agosto 2019 la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani gli aveva imposto l’obbligo di dimora in città per tre anni sostenendo la sua “pericolosità sociale”, misura poi revocata a inizio 2021 dalla Corte d’Appello.