È un assaggio di quello che potrebbe accadere, a breve, in Italia, con la tanto decantata autonomia differenziata. Le Regioni come staterelli, l’una contro l’altra armate al grido di «prima i siciliani», o «prima i calabresi», i lombardi, i sardi. Fate voi.
Il presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani, dopo aver fatto buon viso a cattivo gioco di fronte all’avanzare del nuovo modello federalista imposto dalla Lega, ha avuto un sussulto d’orgoglio. E come un fulmine a ciel sereno ha dichiarato pubblicamente di voler stoppare le autorizzazioni per i campi fotovoltaici nell’isola. Motivo? «Non vogliamo essere invasi da impianti che però non danno lavoro e producono energia che viene distribuita in tutta Italia». Il sole della Sicilia deve generare energia solo per i siciliani, diamine: questa, in parole povere, la minaccia del presidente, che chiede al governo Meloni delle compensazioni, cioè sconti alle bollette per chi vive nell’isola.
Il moto d’orgoglio di Schifani potrebbe sembrare uno scatto di nervi del governatore, che ha ingoiato in questi pochi mesi non solo l’autonomia differenziata, ma anche i tagli alla sanità, il caro-voli, le tante gaffe della sua maggioranza sul turismo ed i grandi eventi. Ma in realtà potrebbe avere conseguenze ben più gravi, per l’Italia e per l’Europa. È ovvio, infatti, che la Sicilia, come recita tra l’altro una campagna di promozione della stessa Regione, è «un’isola in un mare di luce».
E l’Unione europea conta pure molto su questa luce (naturale) per portare al quarantacinque per cento l’energia da fonti rinnovabili entro il 2030 (nonché il taglio del cinquantacinque per cento delle emissioni).
Tra l’altro, non è vero che la Sicilia è «invasa» da pannelli fotovoltaici, come sostiene Schifani. Ci sono centinaia di richieste bloccate, ma l’isola è sesta in Italia per produzione di energia solare.
La mossa di Schifani ha creato un po’ di imbarazzo nella maggioranza, e non è stata gradita dal governo. Tant’è che ha subito replicato il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso: «A Schifani dico che i pannelli solari sono una grande scommessa per la Sicilia». Addirittura Legambiente spalleggia il governo Meloni, e accusa il presidente della Regione di «grave e colpevole ritardo nell’applicazione del Piano energetico regionale, che dovrebbe garantire l’individuazione delle aree idonee alla presenza degli impianti; questo ritardo oltre a determinare un’assoluta incertezza sotto ogni punto di vista per gli operatori del settore e per le comunità locali, genera anche la proliferazione indiscriminata e non regolamentata su base territoriale degli stessi impianti».
A smentire Schifani sono anche piccole e grandi storie, come la nascita, a Palermo, in questi giorni della «comunità energetica di Palermo Est», con la costruzione di un parco fotovoltaico su un ampio terreno abbandonato per soddisfare il bisogno di cinquecento famiglie della zona (e un taglio di diciottomila tonnellate di Co2 per i prossimi venticinque anni, lo stesso risultato che si sarebbe raggiunto impiantando un bosco con quarantacinquemila alberi).
Perplessità ci sono anche fra gli stessi imprenditori del settore. In Sicilia, tra l’altro, c’è uno dei più grandi stabilimenti in Europa di produzione dei pannelli solari, e c’è tutta una filiera che guarda con attenzione alle scelte della Regione, che rivendica invece la sua autonomia. Dalla Sicilia si aspetterebbe l’atteggiamento opposto, nell’interesse anche dell’Italia: i progetti in attesa di un ok da parte di Palermo valgono complessivamente trentasei gigawatt. Attualmente tutta l’Italia ne produce novanta.
Ma Schifani insiste: i pannelli rovinano il paesaggio, ed in più sono un incentivo all’abbandono dell’agricoltura. Inoltre, secondo il governo regionale, il fotovoltaico non dà lavoro. Eppure negli ultimi anni la stessa sensibilità, diciamo, non c’è stata verso l’eolico, con più di millecinquecentocinquanta pale in Sicilia distribuite in quarantatré impianti. Qui entra in gioco il vulcanico Vittorio Sgarbi, che fu sindaco di Salemi, città della provincia di Trapani e che sostiene di essere stato costretto alle dimissioni (il Comune poi venne commissariato per mafia) proprio perché si era opposto alla «lobby dell’eolico». Ancora oggi l’attuale sottosegretario alla Cultura, usa parole non certo distensive: «Costruire parchi eolici è come stuprare bambini».
Tornando al fotovoltaico, dal punto di vista dell’occupazione vale per tutti il caso di Enel Green Power, che sta realizzando a Catania la propria «gigafactory», con mille posti lavoro previsti e un accordo con la Commissione europea per un finanziamento agevolato di centodiciotto milioni di euro (su un valore complessivo dell’operazione che è di seicento milioni di euro).
La nuova fabbrica da tre gigawatt entrerà a pieno esercizio entro luglio 2024. Proprio lo scorso febbraio, all’inaugurazione del cantiere, sembrava di sentire parlare un altro Schifani: «Bisogna semplificare le regole che in passato hanno paralizzato la possibilità di soggetti terzi di investire in Sicilia in chiave ambientale e di produzione di energia, attraverso impianti fotovoltaici e rinnovabili», diceva. «Stiamo riformando le regole, per dare procedure più snelle e trasparenti, nel rispetto dell’ambiente ma anche di chi vuole investire e creare posti di lavoro».
Poi, l’inaspettata giravolta degli ultimi giorni: «Ho deciso a breve di sospendere il rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico. Dobbiamo valutare l’utile d’impresa con l’utile sociale e col danno ambientale. Poi questa attività porta lavoro? L’energia rimane in Sicilia? No».
Schifani rivendica un ritorno economico per la Sicilia. Non possono essere delle royalty (non è possibile, per legge, dato che non si fa attività «estrattiva») ma insiste: «Già questi impianti danno il tre per cento di energia ai comuni come risarcimento del danno ambientale. Mi chiedo perché non debba essere riconosciuta una quota anche alla Regione siciliana. Dobbiamo trovare una soluzione che consenta al governo regionale di chiedere a chi intende insediare gli impianti fotovoltaici energia, non soldi, per avere una bolletta più attenuata grazie a ciò che si produce nella regione. La Sicilia paga un danno ambientale dovuto agli impianti».
Adesso aspetta da Roma una proposta organica, per una «compensazione a livello nazionale» ma i ben informati dicono che sotto sotto cova l’idea di un fronte con le altre regioni del Sud per fare pressing sull’esecutivo.
Non è un caso, tra l’altro, che l’inaspettato stop del governatore siciliano, sia giunto dopo la pubblicazione degli ennesimi studi sull’allargamento della forbice del divario Nord-Sud nella sanità, nelle infrastrutture, e nell’istruzione, quando entrerà in vigore l’autonomia differenziata. E tutta questa vicenda del sole della Sicilia ai siciliani, sembra solo l’inizio di una guerra a tutto campo tra le Regioni.