Antonella Milazzo, lei ha capito cosa sta succedendo dentro il PD? Perché c’è una sola grande verità: chi tira di qui e chi tira di lì.
È evidente il caos che ha travolto il partito già da alcuni anni e, spesso, ha mutato la dialettica interna in un guerra tra fazioni. Una situazione che è andata sempre più deteriorandosi, trasformando spesso le occasioni di governo in mera gestione di potere. Abbiamo assistito a una girandola di segretari nazionali sacrificati dopo pochi mesi perché non più funzionali ai gruppi di maggioranze variabili. Governare per tanto tempo non ha fatto bene al Pd, innanzitutto, perché lo ha costretto ad alleanze del tutto innaturali che hanno ovviamente frenato le scelte politiche più aderenti al suo DNA. Così, il partito è diventato anonimo, privo di spinte ideali, mimetizzato in governi macedonia, balbettante e senza un progetto proprio chiaramente identificabile. Tutto questo ha allontanato gli elettori che, quando non hanno fatto scelte politiche diverse, hanno preferito non votare, con i risultati disastrosi che si sono registrati a tutte le ultime elezioni, politiche e amministrative.
In mezzo a questa querelle, che non interessa a nessuno dei cittadini, ci sono gli osservatori e come sempre c’è chi soffia sul vento delle polemiche, alimenta fuochi per poi non saperli domare. E’ vecchia storia anche questa?
Divide ed impera era uno dei dogmi su cui si basava la gestione della leadership; qualcuno però lo ha male interpretato o si è fatto pigliare la mano. Alla fine, tutto questo soffiare ha prodotto un incendio che ha accerchiato chi lo aveva provocato; ma per domare le fiamme occorre il calmo carisma di un leader che, mi pare, nessuno degli incendiari possegga. Non è una vecchia storia, perché quando esisteva una gestione condivisa le fisiologiche discussioni si risolvevano dentro il partito ed era chiaro a tutti che portarle fuori o ingigantirle avrebbe danneggiato tutti, in quanto, come ha ben premesso, i cittadini sono stufi di questo guardarsi l’ombelico.
Quale sarà la prospettiva del PD in provincia di Trapani? E in che modo lei contribuirà?
Mi auguro che, a tutti i livelli, si prenda coscienza della gravità della situazione e si assumano le decisioni necessarie ad una vera e profonda rifondazione del partito. Sono convinta che la presenza del Partito Democratico sia fondamentale per il nostro sistema democratico e che occorra che la classe dirigente si renda conto di avere la grande responsabilità di disincagliare la barca del Pd dagli scogli su cui è arenata. Tutto ciò va fatto anche a costo di sacrificare posizioni personali o di fare passi indietro. Io il passo indietro l’ho fatto nel 2018 e, pur interessandomi alla vita del partito, in questi anni mi sono sentita più un’osservatrice che una dirigente. Molte cose non mi sono piaciute e molte scelte mi hanno delusa, ma le occasioni di confronto sono state poche. Sono pronta a dare una mano, ove fosse utile, se ci saranno le condizioni per farlo e se ci sarà la volontà di una vera ripartenza
Le polemiche e gli scontri aumentano il divario tra i notabili e chi guarda con interesse ad una prospettiva progressista. Si può giocare in squadra e meno di assoli? Meno vendette e meno personalismi?
Gli assoli hanno successo solo se si è grandi interpreti e si lavora in teatro. La politica è cosa diversa e anche i più eccellenti leader hanno bisogno di una squadra. Chi milita nel centrosinistra non accetterebbe mai un “partito del leader”, è un popolo abituato a confrontarsi e a discutere, non ad accettare ordini. Ne è prova proprio lo scollamento tra notabili e base e che ha portato all’inesorabile calo dei consensi di cui parlavo prima. Premesso che non vedo un grande tenore sul palco, credo che la strategia del “meno siamo meglio stiamo” sia quanto di più miope si possa immaginare. Se le dirigenze locali continueranno su questa strada, condanneranno il partito ad un inesorabile e definitivo declino. Aprire, allargare, giocare di squadra e passare la palla con generosità sono scelte indifferibili, oltre che intelligenti, se si vuole dare una prospettiva al Pd e anche a se stessi.
A Trapani c’erano due Pd candidati, non si può negare. Il candidato Brillante era ed è componente regionale del partito. C’è stata una discussione regionale o anche qui si nasconde la polvere sotto il tappeto?
La direzione regionale ha votato, all’unanimità, un documento che afferma che, a Trapani, il Partito Democratico ha vinto le elezioni. Mi pare che, con questa dichiarazione ufficiale, ogni querelle sia definitivamente chiusa e che sia sancito che il Pd a Trapani sta con Tranchida. Occorre adesso essere consequenziali e decidere se si sta con il Pd o da un’altra parte. Mi pare ovvio che non si possa continuare a stare con il piede in due scarpe e che chi ha fatto altre scelte debba assumersene la responsabilità.
Che fase vi aspetta dopo l’estate? I congressi a cosa porteranno?
La segretaria Elly Schlein sta provando a imprimere un passo diverso al partito, facendo scelte chiare e lanciando una serie di iniziative per affrontare i temi e i problemi che riguardano la vita delle persone e la carne viva del Paese. È il passo giusto e su questa strada occorre lavorare tanto. I congressi dovranno, al più presto, portare il partito su questa lunghezza d’onda, per costruire, a tutti i livelli, una credibile proposta politica di governo. È un lavoro lungo e certosino da iniziare subito, senza l’urgenza di elezioni incalzanti.