Recentemente è stato pubblicato un articolo dal tono esplicitamente negativo nei confronti del quartiere Amabilina, a Marsala.
L'articolo accusa il quartiere di versare in uno stato di abbandono da parte delle istituzioni e di un totale disinteresse civico da parte dei suoi abitanti; lo addita come dominato da attività criminali e privo di senso civico.
Tuttavia, desidero sottolineare che l'autore dell'articolo sembra basarsi su pregiudizi, su ovvietà che in fin dei conti colpiscono sempre nel segno e manca di una comprensione approfondita della realtà del quartiere. Come residente di una zona limitrofa, ho avuto modo di osservare personalmente il cambiamento positivo e il senso di comunità che caratterizza Amabilina in quest'ultimo decennio.
Questo articolo ha l'obiettivo di mettere in discussione quelle affermazioni che sono state lette come accuse e desidero offrire una visione più accurata del quartiere. Mi curerò anche di rendere onore a chi per tanto tempo ha lottato per rendere questo posto un posto dove ogni ragazzo è figlio della comunità, dove ogni albero e ogni pianta crescono nel giardino di un componente di questa comunità, e lo cura per la comunità. La storia è ricca di esempi di persone che, coraggiosamente spinte dalle stesse motivazioni che ho elencato qui sopra, ha agito.
Agire. Ecco la chiave.
Ha agito e quindi ha cambiato la propria porzione di mondo. Anche Amabilina ha conosciuto persone con questo spirito ed è a loro che voglio rendere onore.
Contrariamente a quanto affermato nell'articolo, Amabilina non è un quartiere abbandonato (ovviamente se non teniamo conto dell'abbandono da parte di istituzioni e più banalmente del primo cittadino). È vero che in passato ha affrontato sfide, come molte altre aree urbane, ma negli ultimi anni ha dimostrato una notevole crescita e sviluppo. Gli abitanti del quartiere, in particolar modo i residenti di lunga data, hanno lavorato instancabilmente per migliorare le condizioni di vita e creare un ambiente più sicuro e piacevole per tutti.
Un ulteriore accusa mossa contro il quartiere da parte dell'articolo riguarda la mancanza di senso civico e il dominio di gruppi organizzati. Tuttavia, durante il mio incontro con la festa (motivo di lamentela nell'articolo citato prima piuttosto che motivo di lode per chi tenta un'attività aggregativa), ho potuto osservare un forte senso di comunione tra gli abitanti. Persone di diverse generazioni si sono unite a mezzo di un improbabile "passaparola" che sconfinando dal territorio del quartiere stesso ha coinvolto anche me. Lo hanno fatto per divertirsi e creare un'atmosfera di gioia e appartenenza.
La mia presenza si è ridotta a qualche decina di minuti in quanto, malgrado i loro sforzi di accoglienza nei miei confronti, mi sono comunque relazionato con una realtà cui non appartengo. Ho però avuto il tempo di saziare la mia curiosità nell'osservare il modo di operare di questo gruppo eterogeneo di persone che in comune hanno solo lo spazio abitativo. Forse un po' mi imbarazza, ma devo ammettere che mi sono sentito accolto, "desiderato". È stato davvero tenero l'atteggiamento di alcuni ragazzini i quali tentavano di coinvolgermi in piccole attività o semplici chiacchiere per mostrare semplice e pura ospitalità. Gli anziani condividono le loro esperienze, i giovani parlano di lavoro e futuro, e i bambini giocano. Quest'immagine di una comunità unita contrasta con l'immagine di un quartiere diviso e dominato da gruppi organizzati che l'articolo vuole dipingere. Perché, anche se certamente così potrebbe essere, non vi è un immediato manifestarsi nella vita quotidiana del quartiere stesso.
È importante riconoscere che Amabilina ha vissuto un cambiamento significativo negli ultimi anni. La presenza di microcriminalità si è drasticamente ridotta grazie agli sforzi congiunti della comunità e delle forze dell'ordine. Inoltre, ho appreso che nel quartiere gli abitanti più anziani, apparentemente all'unanimità, sostengono che bisogna agire, subito. Da tempo hanno mostrato interesse per la vita del quartiere prestando il loro tempo per stare insieme ai ragazzi più giovani in alcune specifiche zone del quartiere dove abitualmente i ragazzi si aggregano, con lo specifico intento di rendere parte della routine quotidiana la presenza di persone di età differenti in ogni gruppo. Inutile dire che in tutto ciò oltre ad un grande senso pratico sotto il profilo pedagogico, Io leggo anche un non so chè di romantico...
I ragazzini, se aiutati e assistiti nel gioco aggregativo, possono nutrire le loro menti di pensieri costruttivi, allontanando il disagio e valorizzando il senso comune di un valore civico.
Nel quartiere inoltre, gli abitanti si stanno impegnando per migliorare la vita dei giovani e delle donne sole con figli. Ho sentito signore discutere con veemenza circa il progetto sulla creazione di un centro di ascolto e un centro di aiuto pratico, dove i volontari possono offrire il loro tempo e le loro competenze. Le istituzioni hanno, o per meglio dire, avranno un ruolo fondamentale nel fornire spazi adeguati e nella formazione dei volontari.
Queste iniziative dimostrano il desiderio degli abitanti di Amabilina di superare le difficoltà e costruire un futuro migliore per il quartiere.
Lodi, lodi, lodi ...!
Amos Magaddino
Gentile Amos, la sua lettera ci fa nutrire ancora di più la speranza che quartieri difficili del nostro territorio (non solo Amabilina) possano davvero cambiare pagina. Quando raccontiamo di Amabilina, o di altri quartieri in cui si registrano situazioni "borderline", non facciamo che raccogliere il grido di allarme di quelle persone, la maggior parte, che come lei contrastano quei piccoli gruppi rumorosi che danneggiano l'immagine del quartiere. La sua lettera sprona ancora di più noi a tenere alta l'attenzione su quartieri difficili, e speriamo che possa essere la stessa cosa anche per chi amministra questa città.
La redazione