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06/07/2024 06:00:00

Laghi che si asciugano, furti d'acqua. Diario della siccità in Sicilia 

 “U lago s’asciucò”. Il lago si è asciugato. Chiunque arriva, in questa processione mesta ed ordinata, sulla riva dell’unico lago naturale di Sicilia, non ha altre parole. “U lago s’asciucò”. Lo dicono gli anziani, che a memoria non ricordano nulla di simile. Lo dicono i giovani, i curiosi, quelli del complotto ( e dicono che l’acqua se la sono presa di notte, i ladri, i ladri d’acqua …). Siamo nel centro della Sicilia, a Pergusa, vicino Enna. Senza tanti giri di parole, il lago è scomparso, come se qualcuno, davvero, l’avesse rapito. Sembra un’allucinazione che il caldo afoso di queste parti può causare. Legambiente, che segue le vicende dell'omonima Riserva Naturale Orientata, ha emesso un bollettino che sembra un necrologio: «In queste ore, dopo mesi di agonia e dopo una incredibile settimana di irrespirabili miasmi, il lago di Pergusa è quasi completamente scomparso, al suo posto rimane una chiazza nerastra di fango umido che si sta essiccando al sole di questa estate appena iniziata». Amen.

Un’altra vittima illustre, di questa siccità siciliana che sembra solo all’inizio, ed è questa la cosa che fa più paura. “Com’è stato possibile?” si chiedono gli abitanti del posto. L’assenza di pioggia, ovvio, ma non solo. L’agonia durava da anni e nessuno è intervenuto. Per Giuseppe Maria Amato, referente per la gestione delle risorse idriche di Legambiente Sicilia, c’è dell’altro, a cominciare dalla “totale disattenzione e dall’inerzia degli enti che avrebbero dovuto intervenire a vario titolo”. Inutile dire che sul banco degli imputati è ancora una volta la Regione Siciliana: “Il governo Schifani è il grande assente - aggiunge Amato - perché il lago è di proprietà della Regione, innanzitutto, e nessuno ha mosso un dito, come abbandonata è anche la Riserva, gestita dalla provincia, ente che non esiste più da 12 anni”. Già nel 2023 Legambiente aveva chiesto un tavolo tecnico per parlare dell’agonia del lago e prendere decisioni immediate. Alle dichiarazioni di circostanza dei rappresentanti dei vari enti non aveva fatto seguito nulla di concreto. Anzi, l’assessore regionale al Territorio e Ambiente, Elena Pagana, ex grillina passata a Fratelli d’Italia, in un incontro, a Febbraio, sulla gestione della Riserva, ha invece esaltato la “gestione e la cura dell’autodromo di Pergusa” che è proprio dentro la Riserva. dell’autodromo di Pergusa. Insomma, tu parli del lago che muore, e loro esaltano la pista automobilistica che - unico caso al mondo - gira intorno allo specchio d’acqua che sulla carta dovrebbe essere zona protetta. E pensare che per il lago e la riserva ci sono stanziati, dai fondi di coesione, ben 29 milioni di euro, previsto sin dal 2021 dal Ministero dell’Ambiente. Ma già lo scorso novembre un’interrogazione del Pd alla Camera denunciava l’inerzia dei lavori.

 

Il Lago di Pergusa è (o era?) un polmone per la distribuzione dell’acqua in tutta la zona. E mentre i tecnici della Regione e dei Consorzi cercano di correre ai ripari, di giorno in giorno le organizzazioni degli agricoltori pubblicano report con dati sempre più allarmanti.

Si aspetta il decreto del Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida (quello che in Parlamento ha detto: “Per fortuna la siccità ha colpito la Sicilia …”) per rendere esecutivi i primi aiuti stanziati dal governo: la miseria di venti milioni di euro. La media del calo di produzione nei vari settori, dagli agrumi agli ortaggi, è del 50%, come certificato anche dalla stessa Regione nella richiesta dello stato di calamità. Potrebbe però arrivare al 75%, se non arriveranno, scrive la Regione nel suo rapporto “improbabili piogge estive”. Il danno calcolato è di 2,5 miliardi di euro (nel dettaglio 487 milioni solo per le uve da vino, 397 per le colture in serra, 280 per gli allevamenti e via dicendo). La situazione più allarmante riguarda la mancanza di foraggio, con molti allevatori che hanno deciso di macellare i capi di bestiame, a prezzi ben inferiori a quelli di mercato. Il calo della produzione del grano è invece stimato al -70%, anche per la contestuale invasione di cereale straniero (+15%) secondo l’analisi di Coldiretti. Molte aziende hanno rinunciato addirittura a raccogliere.

 

A Pergusa c’è chi racconta di viaggi sospetti, la notte, di autobotti clandestine che hanno contribuito al rapido essiccamento del lago. Verità o leggenda, resta il fatto che aumentano le denunce per furti d’acqua, perché ognuno si arrangia come può. Nell’assetata provincia di Agrigento, dove l’acqua arriva nelle case ogni quattordici giorni, le forze dell’ordine hanno costituito speciali ronde per contrastare i furti d’acqua. L’ultimo denunciato è un uomo sorpreso con la propria autobotte da seimila litri a rifornirsi d’acqua in un torrente vicino Ribera. Ma sono i padroncini delle autobotti i veri protagonisti di questa estate siciliana. Stanno facendo affari d’oro, soprattutto con hotel e ristoranti. Il costo di un “viaggio”, come viene chiamato, ormai stabilmente sopra i 100 euro, qualcosa in meno, se si contratta un’autobotte con acqua di origine incerta, con la solita raccomandazione: “Non va usata per cucinare”. I numeri dei padroncini passano di famiglia in famiglia, ogni giorno autobotti si arrampicano e scendono da città e paesi, c’è anche chi, da Palermo, organizza viaggi in tutta la provincia fino ad Agrigento e Caltanissetta.

 

Di fronte a tutto questo, la Regione si dà un gran daffare. Sono stati stanziati 20 milioni per i Comuni per nuovi pozzi, pulizia di canali, trivellazioni, rattoppi della fatiscente rete idrica che perde anche il 70% dell’acqua. Ma la Protezione Civile ha scoperto che non ci sono i progetti pronti. Si acquistano allora autobotti, si pensa a ripristinare i dissalatori, che non sono in funzione da anni, per il loro enorme costo energetico, come quello di Trapani, al centro di numerose inchieste (fu uno dei tanti appalti gestito dall’imprenditore Angelo Siino, in base alla famosa spartizione dei lavori pubblici in Sicilia tra le aziende del nord, sotto il controllo delle famiglie mafiose) fermo dal 2014 e che, ironia della sorte, sorge proprio al centro delle saline alle porte della città. Anche loro sono asciutte, non per sorte, ma per destino. Il primo sale si intravede nelle vasche secche in attesa della raccolta di settembre. L’acqua non c’è più. Il sale, quello, non manca mai.